Fic M1 seconda settimana Cow-T 10

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    Leste scopre che vengono scritte fic porn tra lui e Yande o foursome e dispensa consigli

    Non sempre i suoi doveri da capo della squadra dell'Orologio costringevano Leste a stare fuori casa. Certo, la maggior parte del tempo doveva prendere parte a riunioni, tenere sotto controllo l'andamento della sua squadra rispetto a quelle avversarie, ma si prendeva volentieri del tempo per se stesso.
    La nuova settimana era iniziata appena il giorno prima e aveva notato le sue combattenti già belle cariche nella chat del loro gruppo. Poteva dirsi decisamente orgoglioso di loro, anche se la prima settimana era stata vinta dal team di Yande. Le sue ragazze erano però delle persone che non si arrendevano mai davanti a qualsiasi cosa, nemmeno alle missioni difficili. Avevano anche un buon gioco di squadra, lo doveva ammettere e poteva dire che si respirava l'atmosfera giusta e perfetta per la competizione.

    "Ciao ragazze, come state? Per dubbi su noi capi sono sempre a vostra disposizione, potrebbe esservi utile dopotutto." Scrisse nella chat della sua squadra, sorridendo appena mentre aspettava una risposta: sembravano sicuramente molto agguerrite, su quello non c'era dubbio.

    "A me potrebbe essere utile sapere una cosa in effetti, Leste-san." Scrisse appena tre minuti dopo una di loro. "Ecco... vorrei scrivere del porno su voi quattro capi, ma mi chiedevo se fosse una buona cosa scrivere una foursome, o se tu preferisci di più uno solo degli altri tre."

    A Leste ci volle del tempo prima che si mettesse a rispondere: non era una domanda molto facile a cui rispondere. Sapeva per certo di volere vincere il cuore di Yande prima o poi, ma il capo dell'altro team giocava sempre a fare il prezioso e rifiutava sempre qualsiasi avanche. A lui piaceva molto quando chi puntava giocava a fare il duro da conquistare e proprio per quello era molto interessato da Yande. "Di sicuro preferisco Yande, sai: lui gioca a fare il duro, non si concede mai a me, ma sono più che sicuro che con la persistenza riuscirò nel mio intento di farlo cedere." Gli ci vollero altri momenti per aggiungere altro, dato che non sapeva esattamente come sarebbe stato con gli altri due capi. L'idea di una Foursome era però allettante, non poteva di certo dire di no. "Anche la foursome è molto allettante come idea. Sono in ogni caso tutti molto belli, ben messi come fisico..."

    "Le cose si fanno interessanti quindi. Vorrà dire che scriverò entrambe le storie, almeno lì una gioia la potrai avere da parte di Yande. Ovviamente non prima di essersi rifiutato di fare certe cose con te." Il loro capo le era stato decisamente d'aiuto, non c'erano dubbi e aveva anche già una mezza idea riguardo cosa scrivere esattamente. Di sicuro però Leste avrebbe comunque risultarle utile per sapere bene cosa scrivere esattamente.

    "Se vuoi qualche consiglio su cosa scrivere puoi sempre scrivermi, o mandarmi il file: lo leggerò e ti darò qualche consiglio, sono davvero curioso."

    Leste si mise comodo ma al contempo composto sulla sedia con rotelle su cui si era seduto quando si era messo al pc. Non sapeva bene cosa aspettarsi da quella storia, ma in quel momento la curiosità lo stava lentamente divorando dentro. Prese il cellulare e guardò un po' la rubrica, cercando i numeri dei suoi avversari: li doveva forse avvisare? Sicuramente anche le altre concorrenti del Clash of Writing Titans stavano scrivendo cosa simile.
    Aveva scoperto che erano stati apprezzati davvero moltissimo come capitani nonché campioni e sicuramente le peggio storie non sarebbero mancate, che fossero porno o normali. Si fermò sul numero di Yande: Regis e Rufus poteva anche non metterli al corrente, ma con Yande lo doveva assolutamente fare.

    - Ohi, lo sai che le nostre concorrenti scrivono di noi? Non solo... scrivono cose molto hot, che riguardano me e te, foursome con Regis e Rufus. Almeno nelle storie finisco col conquistarti, ma non temere: prima o poi succederà anche nella realtà, parola mia. -

    Premette il tasto invio con un ghigno e una risata soffocata, immaginando l'espressione stralunata del povero Yande. Gli avrebbe sicuramente risposto di lasciarlo in pace, che tutto quello sarebbe rimasto solo per iscritto al computer e non sarebbe mai successo veramente, ma a Leste piacevano davvero le sfide. Ormai era diventata una questione di principio: non poteva farsi sfuggire quell'omaccione, né tanto meno il suo Gran Sasso, come i capi del Clash of Writing Titans avevano chiamato il suo pene. Non importava quanto tempo avrebbe impiegato per riuscirci, non si sarebbe mai abbattuto e anzi: ci sarebbe riuscito, anche per vie contorte.
    Mentre aspettava la risposta di Yande la ragazza gli mandò ciò che aveva scritto fino a quel momento per il suo porn con Yande. Erano sicuramente tante parole, ma era scritto tutto così bene, dettagliato, che non riusciva a staccare lo sguardo dallo schermo. Si dovette mordicchiare il labbro inferiore per impedirsi di andare a toccarsi all'altezza del cavallo. Avrebbe tanto voluto poter fare tutto quello che c'era scritto lì, in quell'esatto momento, ma già il solo pensare di poter spogliare Yande lo mandava in estasi.
    Poter denudare ogni centimetro della sua pelle scura, passare le mani tra i suoi capelli bianchi, togliergli gli occhiali, senza i quali era molto più sexy, anche se non ci vedeva molto... Venne riscosso da quei pensieri a causa del cellulare che vibrava, dato che colui di cui stava fantasticando gli aveva appena risposto.

    - Sogna quanto vuoi, tanto la mia risposta sarà sempre e comunque no, smettila di illuderti inutilmente. -

    Yande non aveva davvero commentato tutto ciò che c'era scritto: era ancora incredulo riguardo ciò che quelle ragazze si erano messe a scrivere di loro due, non poteva crederci.

    "Ti dirò: la storia fino ad ora mi è piaciuta davvero molto: sono riuscito ad immaginare di fare tutto ciò che vi hai inserito e le emozioni erano proprio le stesse. Per la parte porno mi sento in dovere di darti qualche consiglio: Yande probabilmente vorrebbe sicuramente zittirmi, legarmi le mani dietro alla schiena e soprattutto graffiarmi. Lo vedo come un tipo molto selvaggio in questo senso."

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    Bakugou viene fermato da alcune fan che vogliono un autografo su una doujinshi KiriBaku. Da lì Bakugou scopre che vengono scritte troppe cose hot su di loro.

    Camminare per le strade di Tokyo in pieno inverno non era proprio il massimo: di certo non faceva freddo come in altri posti nel resto del mondo, ma anche lì le temperature sapevano essere belle rigide, c'era da ammetterlo. Bakugou apprezzava molto più la primavera o l'estate, anche perché così era più facile per lui usare il suo quirk, ma quello non era molto importante.
    Si era messo un cappotto nero che aveva il colletto che gli copriva anche la bocca, in modo che non rischiasse di ammalarsi. Le temperature erano particolarmente rigide quel giorno di febbraio, anche se mancava poco più di un mese all'arrivo delle temperature più miti.
    Per quel giorno la sua destinazione era un centro commerciale, dove avrebbe potuto trovare delle cose che gli servivano per il lavoro e che aveva finito. Le strade della capitale giapponese erano piene di persone che andavano a lavoro o tornavano a casa da esso, affrettandosi a raggiungere il posto dove dovevano andare. Spesso si sentì colpire le spalle per sbaglio, ma bastavano delle occhiatacce all'ignara persona per impedire loro di dire qualsiasi cosa. Certo, un "scusa" era educazione, ma non si aspettava moltissimo dagli altri e, per quanto lo concerneva, lui era un po' migliorato ora che era un uomo e non più un ragazzino. Anche solo sette anni prima avrebbe quasi preso a botte chiunque avesse osato finirgli addosso, ma ora era diventato molto più responsabile e tentava di evitare sempre di reagire male per piccolezze come quella.
    Gli ci volle una mezz'oretta affinché raggiungesse la sua meta: aveva scelto di andare a piedi perché non apprezzava molto dover prendere troppi mezzi di trasporto per arrivare a destinazione. Sospirò appena e alla fine entrò nell'edificio molto grande che si stagliava davanti a lui in tutta la sua maestà. Era davvero molto grande, ci si sarebbe potuti tranquillamente perdere, ma non era la prima volta che andava lì.

    "O mio Dio, ma tu sei Bakugou Katsuki! Puoi firmare questa doujinshi? Sono una tua grandissima fan e ne sarei davvero felice!" L'attenzione del biondo venne catturato da quella voce femminile, appartenente a una ragazza che al massimo doveva avere 17 anni e che si era fermata davanti a lui, rischiando quasi che Bakugou le finisse addosso.
    "Ah...?" Bakugou sbattè qualche volta gli occhi: chi era quella ragazza? Poi insomma, cosa doveva firmare? Era totalmente confuso, anche perché non si sarebbe mai immaginato quell'incontro così particolare. "Cosa dovrei firmare?" Cercò di dare un'occhiata a quella... cosa che la ragazza teneva stretta tra le mani, ma non riusciva a capire di cosa si trattasse.
    "Si tratta di un piccolo manga riguardante te e Kirishima. Siete una coppia perfetta secondo me. Non aprirla però se non sei convinto: la firma mi basta anche sulla copertina, non ci sono problemi." La ragazza era davvero molto gentile e Bakugou non sapeva bene come comportarsi, dato che non ne era affatto abituato.
    "Uh... certo?"

    Un manga su lui e Kirishima? Cosa erano stati in grado di inventarsi? Parlava sul serio o lo stava solo prendendo in giro? Prese la doujinshi tra le mani e la aprì sfogliandola appena, arrossendo come un peperone appena notò una pagina con posizioni alquanto compromettenti di entrambi.
    Alzò un sopracciglio e osservò la ragazza che ancora stava aspettando: non ci sarebbe voluto molto a firmare, ma quell situazione non gli piaceva affatto. Come osavano disegnare di lui senza chiedergli il permesso? Ma poi... chi diceva alle fan che ciò che vedevano non era affatto vero?
    Prese il pennarello dalla mano della ragazzina e si accinse a firmare quel manga.

    "Grazie mille, buona giornata."

    Ci mise poco a comprare ciò che gli serviva, mentre la sua mente continuava a restare fissata su ciò che era appena successo. Ora era davvero curioso e, una volta arrivato a casa doveva assolutamente mettersi a fare delle ricerche, dato che sicuramente non esistevano solo quelle cose, vi era sicuramente molto, ma molto di più.
    Corse a casa e, dopo aver messo via tutto, prese il pc e, sedendosi sul letto matrimoniale che condivideva con Kirishima, iniziò a cercare materiale. Ciò che trovò non fu affatto semplice da accettare: quelle doujinshi non erano la sola cosa che esisteva, ma c'erano anche svariate cose come oggetti per la casa. Dalle tazze alle maglie.

    "Cosa stai facendo Bakugou?" Eijirou fece capolino sulla soglia della porta, sorridendogli appena.
    "Sto, uhm, cercando delle cose che ci riguardano." Detto quello gli mostrò ciò che intendeva. Eijirou non sembrò però turbato o altro: sembrava piuttosto interessato ed era strano.
    "Come mai ti sei messo a cercare simili cose? Lo trovo davvero molto curioso, così do punto in bianco." Lui non si sentiva per niente imbarazzato, a differenza di Bakugou, che non sapeva come spiegare cosa fosse successo.
    "Ho incontrato una ragazza oggi, la quale mi ha detto se potevo firmarle una doujinshi. Vi ho dato un'occhiata ed era una cosa hot con noi come protagonisti. Alla fine la ragazza se ne è andata via e io sono tornato a casa, curioso di scoprire se ci fosse altro riguardante noi. Siamo fidanzati, sì, ma è comunque una situazione molto particolare questa."

    Se aveva reagito in quel modo a quella notizia, come avrebbe invece reagito a qualcosa di molto peggio? Sospirò e decise di chiudere il pc, troppo stanco per perdere ulteriore tempo in cose inutili come quella. Kirishima si avvicinò a lui e lo abbracciò, baciandogli le labbra. Il vecchio Bakugou sembrava essere sparito, era stato sostituito da uno molto più calmo. Se lo avesse incontrato anni prima di sicuro la Doujinshi sarebbe stata letteralmente strappata, altro che autografata.
    Se Kirishima sapeva già dell'esistenza di quelle cose perché non gliene aveva mai parlato? Era una cosa imbarazzante, ma al contempo interessante molto probabilmente. Doveva solo accettare che c'erano persone che facevano cose simili e, peggio, che lo accoppiavano con qualcuno che odiava, ad esempio Deku o quel Todoroki. Forse dopotutto aveva fatto bene a firmare quella copia: finché c'entrava Kirishima tutto gli andava bene.

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    Akutagawa è un piccolo prodigio della pallavolo e entra a far parte della Karasuno

    Il silenzio della palestra venne interrotto da alcuni rimbalzi che risuonarono all'interno di essa. Erano appena le sei di mattina, le lezioni non sarebbero iniziate prima delle otto, ma quello era il primo giorno di allenamenti per la squadra di pallavolo.

    Erano stati affissi vari annunci che riportavano l'ora esatta in cui presentarsi nella palestra, così da poter provare a giocare. La persona che già stava giocando era però uno dei nuovi arrivati: i senpai avevano appena aperto la palestra da appena qualche minuto e Akutagawa, dopo qualche minuto di stretching, aveva già preso in mano un pallone.

    Aveva già giocato a pallavolo alle medie, ma non si era mai sentito soddisfatto dalla squadra che aveva: erano abbastanza scarsi, mentre lui sembrava un piccolo prodigio.



    "Chi è lui? Una nuova matricola? Sembra ben promettente, cosa ne pensi, Daichi?" Sugawara si era fermato ad osservare il nuovo arrivato, che in quel momento stava palleggiando perfettamente sul posto, senza muovere mai i piedi, sembravano fossero inchiodati al terreno ma, soprattutto, aveva una precisione impressionante in ogni palleggio.

    "Non lo so, non sono ancora stato in grado di parlargli. Non mi sembra una persona che parla molto, dato che si è cambiato, ha fatto stretching e ha iniziato a palleggiare senza nemmeno chiedere il permesso." A Daichi non piaceva moltissimo quel comportamento, avrebbe dovuto dimostrare chi comandava lì dentro.

    "L'ho visto qualche settimana fa in televisione: dicono che sia letteralmente un prodigio, in grado di giocare in ogni posizione, ma sembra prediligere il ruolo di opposto." Si intromise Asahi, posizionandosi vicino ai suoi amici, osservando così la schiena del nuovo arrivato. "Sembra anche avere un brutto carattere, ma lo saprai ammaestrare Daichi, noi ti daremo una mano."



    Asahi diede una pacca sulle spalle di Daichi con un sorriso rassicurante, ma il capitano della Karasuno non era affatto felice di sentire cose simili. Tornarono tutti e tre a finire di preparare tutto ciò per l'occorrente e finalmente anche gli altri compagni arrivarono. Non ci volle molto prima che Daichi li chiamasse a raccolta e, solo a quel punto, il nuovo arrivato smise di palleggiare, raggiungendo così gli altri che si erano disposti attorno al capitano. Daichi guardò uno a uno tutti i presenti, notando qualche faccia nuova: ciò gli faceva totalmente piacere, dato che voleva poter continuare giocare a pallavolo. Notò con un certo disappunto che non c'era Nishinoya, il loro libero, forse non aveva saputo che Asahi era tornato lì. Chiedere alle nuove leve di presentarsi non fu difficile, ma quando arrivò il turno del ragazzo dai capelli neri con le punte bianche, il suo sguardo lo fece rabbrividire appena.



    "Akutagawa Ryunosuke, classe 1-5, ruolo preferito: opposto. Posso però giocare in qualsiasi ruolo."



    Era stato breve e conciso, senza dilungarsi troppo nella propria descrizione. Non gli piaceva parlare più del dovuto, nè perdere troppo tempo in cose simili.

    Daichi annuì appena e ringraziò le nuove reclute, facendo così iniziare l'allenamento. Dopo la corsa attorno al campo iniziarono a formare gruppi da due e Daichi decise di testare quel ragazzo: se era davvero un prodigio come dicevano tutti allora erano davvero molto fortunati. Già dai primi passaggi che fecero gli fu alquanto chiaro quanto il primino fosse forte: pur essendo un semplice allenamento non si risparmiava per niente e lui, che era comunque molto bravo nella ricezione, a volte faticava a tenere la palla in gioco. Anche allo stesso capitano riuscì in ogni caso il metterlo in difficoltà, ma Akutagawa non aveva mai cambiato espressione ed anzi, era semplicemente stato più agguerrito di poco prima. Quei passaggi non sembravano finire mai, ma alla fine passarono alle schiacciate e, anche lì, ci fu una grossa sorpresa.



    "Andava bene l'alzata?" Chiese Sugawara, il setter, dopo la prima volta in cui aveva alzato per lui. "Forse è stata troppo bassa?" Avrebbe dovuto imparare velocemente ad adattarsi a lui: non sembrava un ragazzo molto paziente.

    "..." Akutagawa non disse niente e andò a recuperare il pallone, riavvicinandosi solo dopo un po' a Suga. "Bassa e lenta. Fai uscire la palla più velocemente e lanciala con una traiettoria più verticale."



    Detto questo se ne andò in fondo alla fila, aspettando con ansia il suo turno. Ci volle più tempo del previsto, ma alla fine il setter era riuscito a fare l'alzata perfetta per lui, che l'aveva fatta tuonare nel campo avversario senza pietà. Dire che aveva lasciato tutti a bocca aperta era dir poco, infatti ognuno dei compagni lo osservava come se fosse un alieno: come aveva fatto?



    "C'è ancora da lavorare su queste alzate, ma era molto più nei miei gusti, Sugawara-senpai."



    Osò dirgli Akutagawa, mantenendo però un espressione neutra sul volto, che non faceva trasparire emozioni. Si guardò la mano destra, quella con cui aveva schiacciato - e la chiuse a pugno: aveva avuto davvero una bella sensazione, ma era ancora ben lungi dal poter essere quella perfetta. Recuperò la palla che aveva precedentemente lanciato nell'altro campo e si rese conto che era sgonfia: l'aveva colpita con così tanta forza che in qualche modo si era formato un buco e ne era uscita l'aria. Ecco, ora aveva battezzato anche quella palestra: sembrava essere sempre destinato ad essere così, perché non era di certo la prima volta che succedeva. Decise di non darvi troppo peso e prese semplicemente un altro pallone, senza perdere altro tempo inutile.

    Finito anche quel giro di esercizi fecero una partita sei contro sei: con i nuovi arrivati non era facile, dovevano ancora abituarsi dato che era il loro primo giorno lì, eppure Akutagawa sembrava completamente a suo agio - a suo modo. Lo stesso opposto, durante la partita, si era spesso ritrovato a pensare - a suo malgrado - che non era poi così male giocare lì: vi erano giocatori interessanti e si poteva costruire qualcosa di solido. Tutto quello gli era mancato alle elementari e alle medie, ma ora che era lì alla Karasuno poteva dirsi soddisfatto e contento della scelta che aveva fatto a metà del suo ultimo anno delle medie.

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    Primo giorno di Qiu e Cheng a Bondi Beach

    L'interno di quel jet personale era molto lussuoso: si potevano notare due postazioni con computer portatili per lavorare anche durante i vari trasferimenti, vi era un televisore quaranta pollici, un frigo bar contenente svariate bibite, i sedili erano in pelle, reclinabili, ad essi potevi caricare qualsiasi oggetto elettronico che avevi con te, vi erano anche delle coperte in caso avessi freddo... insomma, tutto quello era poco: trattandosi del jet personale di Cheng aveva i gadget più disparati e impensabili.

    Nonostante fossero anni che lavorava per lui, Qiu si rese conto solo in quel momento che era la prima volta che vi entrava. Di solito Cheng non lo portava con sé quando doveva andare da suo padre o per cose di poca importanza. Quando si sedette, su invito del marito, su uno dei sedili, ne poté saggiare la consistenza: era bello morbido e comodo e, di sicuro, Qiu non avrebbe sentito male per tutto il viaggio. Osservarlo gli fece chiedersi come mai Cheng non avesse mai voluto che vi salisse sopra, ma non era molto importante: ora davanti a sé avevano ben undici ore di volo, prima di atterrare a Sydney, ovvero la meta della loro vacanza. Da lì in realtà sarebbero dovuti andare in macchina fino a Bondi Beach, la loro meta, il che avrebbe preso loro altri venticinque minuti. Il jet prese quota poco dopo, mentre Cheng osservava Qiu con un ghigno malizioso sul volto: dovevano aspettare un po' prima di poter restare senza cintura, ma i sedili erano vicini e se si allungavano di lato potevano benissimo raggiungere l'altro a qualsiasi altezza.
    Qiu non aveva alcuna intenzione di obbiettare alle sue intenzioni: a causa del lavoro per Mr. Jian erano buone due settimane che non facevano sesso come si doveva e pure lui ne aveva bisogno. Sentì la mano di Cheng in mezzo alle gambe e le allargò per bene, accomodandosi meglio sul sedile: il marito fece inclinare il sedile finché Qiu non fu letteralmente in posizione orizzontale e, solo a quel punto, iniziò a toccare il suo corpo. Spostò un po' la cintura in modo da potersi allungare anche con il busto, ma odiava tutto quello: lo voleva baciare, eppure non ci riusciva al momento, quindi doveva limitarsi a toccarlo per ora. Cheng riuscì, con qualche difficoltà, a sbottonargli la camicia che indossava e le dita andarono subito a giocare con uno dei suoi capezzoli, tirandolo, frizionandolo tra pollice e indice... Sentì qualche gemito di piacere sfuggire dalle labbra di Qiu e ghignò appena: Qiu ormai era così sensibile ai suoi tocchi e la cosa ovviamente lo lusingava assai. Portò lo sguardo tra le sue gambe e notò un rigonfiamento all'altezza del cavallo dei pantaloni; cosa lo aveva portato in quello stato? Lo sguardo che gli aveva riservato poco prima, i tocchi a tutto il suo corpo, il giocare con i suoi capezzoli? Si leccò istintivamente le labbra, mentre portava una mano a stuzzicare il rigonfiamento da sopra la stoffa dei pantaloni. Sicuramente gli sarebbe venuto ben duro nel giro di poco tempo, ma non voleva soddisfarlo subito.
    Ci vollero svariate ora prima che arrivassero e le passarono nei modi più disparati, ma alla fine atterrarono e presero una macchina a noleggio per guidare fino a Bondi Beach. Era quella la loro meta: la spiaggia più famosa dell'area di Sydney, tanto bella quanto anche piena di insidie però.

    "Sei pronto per quest'avventura? Una bella vacanza ci voleva proprio." Commento Cheng mentre seguiva le indicazioni del navigatore per raggiungere il loro albergo cinque stelle. Aveva preso una suite con vista mare, una jacuzzi... non si era di certo risparmiato dato tutti i soldi che aveva. Dovevano godersi quella vacanza nel modo più comodo possibile.
    "Finalmente lontani da adolescenti: non mi sembra vero, quasi mi commuovo." Commentò Qiu ridacchiando, ma annuì. "Non ce ne concediamo una da troppo tempo: era il minimo."

    Arrivarono all'hotel e fecero il check-in, lasciarono le valige e il resto in camera, prendendo solo il necessario per andare in spiaggia. Volevano godersela già appena arrivati, anche perché non avevano sonno ed era ancora primo pomeriggio. Si misero molto vicino all'acqua e si guardarono attorno: c'erano davvero tante persone e i buggy dei bagnini erano parcheggiati per bene. Era impossibile non riconoscere quelle divise blu con la scritta rossa sopra: non erano appariscenti, ma si capiva chi fossero ed era quello l'importante.

    "Andiamo a fare il primo bagno? Tra le bandiere rosse e gialle ovviamente,non vorremo mica farci sgridare il primo giorno in cui siamo qui, no?"

    Cheng ridacchiò e si diresse dove aveva detto, seguito a poca distanza dal marito, che aveva perso più tempo del dovuto a togliere le scarpe. Nuotarono per ore e ore, ma ad un tratto Qiu sentì un dolore lancinante alla gamba destra. Gemette di dolore, cercando di guardarsela, ma anche se l'acqua era cristallina non riusciva a vedere quale fosse il problema.

    "Mi ha punto qualcosa alla gamba, fa malissimo, dannazione." Disse a Cheng, mordicchiandosi il labbro inferiore. Lì toccavano, ma faceva fatica a muovere quella gamba per il dolore.
    "Usciamo dall'acqua e andiamo dai bagnini: sapranno come aiutarti."

    Cheng lo prese in braccio ed uscì in quel modo dall'acqua, avvicinandosi al buggy più vicino a lì. Vi era un ragazzo molto tatuato che, vedendoli arrivare, era sceso da esso e si era avvicinato a loro.

    "Cos'è successo? Sono Jesse in ogni caso." Prese la radiolina in mano, in caso fosse necessario chiamare gli altri, ma notò subito il problema alla gamba del mafioso. "Abbiamo un'infestazione di caravelle portoghesi, quelli ne sono i segni. Se stai fermo tolgo i tentacoli e poi ti porto alla torretta per farti curare come più si addice.

    Qiu vedeva quanto quel Jesse fosse molto gentile e capace nel suo lavoro: non si era fatto problemi a togliere i tentacoli e alla fine aveva portato lui e Cheng alla torretta, dicendo loro di salire le scale, lì ci sarebbe stato qualcuno che poteva aiutarli con acqua calda e uno spray contro quelle specifiche punture.

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    Capi Cow-t 10 in 19 Days. Rufus è Mo Guan Shan, Regis He Tian

    Era stata una giornata pesante quella e l'ultima cosa che Rufus voleva era venir stressato da Regis. Era dovuto correre letteralmente a lavoro dopo la scuola - un piccolo aiuto per la madre che faticava ad avere abbastanza soldi per fare tutto - ma non aveva previsto la voglia di Regis di stargli accanto.



    "Lavori anche dopo la scuola, fratello Rufus?" Quella era stata una domanda molto naturale, ed ebbe il potere di far rabbrividire il sopracitato ragazzo. Questi si girò verso la fonte di quella domanda e alzò gli occhi al cielo.

    "Certo idiota, quando dovrei farlo altrimenti? Non posso mica durante le ore scolastiche!" Aveva sbottato in tutta risposta il ragazzo dai capelli scuri, mentre metteva a posto una consegna di varia frutta, sia fresca che secca.

    "Ma lo sai che se hai bisogno di denaro lo puoi chiedere a me no, piccolo Rufus?"



    L'interpellato rifiutò di rispondere a quella provocazione, ma il ragazzo tutto tatuato gli passò una mano dietro al collo mentre parlava e ciò irritò non poco Rufus. Potè allontanarlo solo appena lasciò la cesta su un ripiano, girandosi di scatto verso di lui, guardandolo malissimo.



    "Se sei qui solo per infastidirmi puoi anche andartene. Ho altre cose da fare e non ho tempo da perdere con te, ci siamo capiti?" Se la proprietaria del supermercato lo avesse visto in quel momento, sarebbe stato nei guai: non si dovevano trattare in quel modo i clienti, ma il caro Rufus aveva una soglia di sopportazione non molto alta.

    "Oh ma quanto siamo cattivi! Non si tratta così un cliente, piccolo Rufus, o finiranno col non venire più qui a fare acquisti." Quella cosa non valeva di certo per lui, ma era la verità dopotutto.

    Rufus avrebbe voluto dare aria ai suoi pensieri, che in quel momento erano tutto un concentrato di: - se tu non venissi più qui mi faresti solo un enorme favore - e cose simili, ma era meglio se non commentava. "..." Ignorarlo era forse l'arma migliore, ma l'altro si sarebbe mai arreso? Rufus non ne era poi così tanto convinto.

    "Per mia sfortuna ora devo andare, ma quel grembiule ti dona proprio."



    Con quelle ultime parole Regis se ne andò senza aggiungere altro, mentre Rufus lo guardava alquanto male. Non lo poteva davvero sopportare, eppure frequentavano la stessa scuola e Regis non faceva che tormentarlo anche lì. Il moro non faceva che pregare sempre che prima o poi si sarebbe stufato, ma non sembrava una cosa che doveva succedere: ogni volta il ragazzo con i capelli arancioni trovava un modo per importunarlo e sembrava farlo apposta nel non farlo concentrare. Non ci volle infatti molto tempo prima che il cellulare nella sua tasca vibrasse: sapeva benissimo chi fosse, anche senza guardare. Sospirò a fondo e lo ignorò. andando a servire dei clienti che gli si erano appena rivolti per l'aiuto nella scelta di qualcosa.

    A Rufus quel lavoro non dispiaceva affatto: occupava la sua giornata vuota e almeno faceva qualcosa di costruttivo invece di limitarsi a restare a casa a leggere o altro. In quel modo poi poteva aiutare la madre e per lui quella era una cosa molto importante: era rimasto troppo anni a non fare nulla, dato che era ancora piccolo, ma appena ne era stato in grado, si era trovato un lavoro.

    Passarono alcune ore e finalmente finì il suo turno, cambiandosi con una certa velocità, così da poter prendere la metro in tempo. Ringraziò e salutò cordialmente la padrona del negozio. Durante il tragitto verso casa si mise a controllare il cellulare, notando e leggendo finalmente il messaggio di Regis. Non era certo interessato al suo contenuto, ma era stufo di vedere quella notifica occupare il suo schermo.



    ♠ Più tardi passo da te, vedi di farti trovare a casa, altrimenti ti aspetto lì con molta pazienza. Vedi bene di non scappare, o peggio per te. ♠



    Rufus prima o poi avrebbe dovuto fare una bella ramanzina ala donna, dato che non poteva far sempre entrare quel diavolo chiamato Regis. La sua risposta fu una semplice foto della propria mano, con la quale lo stava mandando a quel paese, ma una volta arrivato a casa beh... evidentemente qualcosa non sembrava andare per il verso giusto, dato che Regis era effettivamente lì, nella sua stanza.



    "Si può sapere cosa vuoi da me? La smetterai di perseguitarmi? Non ho fatto niente, non ti ho mai tradito, ma soprattutto nessuno ti ha dato il permesso di entrare qui, anche se è stata mia mamma a disintegrare quella maschera che ho costruito negli anni."



    A Rufus non piaceva particolarmente parlare, era meglio scrivere per lui e non dare troppa aria inutile alla bocca, ma soprattutto non gli piaceva farlo con quel rompipalle del ragazzo che gli aveva scritto prima.

    Il viaggio in metro sembrò non finire più, ma alla fine riuscì a tornare a casa, dove notò con puro orrore che Rufus era seduto sul suo letto e lo stava aspettando con un ghigno in faccia. Nemmeno fosse lui il re della casa, colpì qualche volta le coperte fini con la mano, in un'incitazione silenziosa ad andare a sedersi vicino a lui, possibilmente senza fare troppe storie.



    "Via dal mio letto, subito."



    Si sentì invece ordinare, sibilare Rufus, che si aprì in una risata aperta, prima di guardarlo di nuovo, andando a stendervicisi sopra, come provocazione.



    "Devo ammettere che il tuo letto è comodo. Certo, il mio che è a una piazza e mezzo lo è di più, ma mi posso accontentare."



    Una vena particolarmente pronunciata apparve sulla fronte di Regis, il quale ci mise davvero molto tempo a trovare la forza di non ucciderlo in quel preciso istante. Non poteva lasciare la madre da sola dopo che suo padre era finito in prigione anni prima e... era proprio quello il motivo per cui si trattenne dal fargli del male.



    "Se non è di tuo gradimento puoi anche sparire dalla mia vista e tornartene a casa senza fare storie, invece di lamentarti."

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    Scritta per la seconda settimana del cow-t 10 con prompt Crossover

     
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    Jade è Zhan Zheng Xi, mentre Leste è Jian Yi. Non viene detto, ma uno dei rapitori è Yande

    Quando Leste era tornato a casa dopo scuola quel giorno, aveva trovato un biglietto della madre sul tavolo della cucina, in cui gli comunicava che usciva a fare delle commissioni. La tavola era preparata per il pranzo, che ancora stava fumando: si trattava di riso al curry con delle verdure extra e il profumo che emanava era davvero invitante.

    - La posso pure perdonare, dopotutto tutto questo sembra davvero invitante, anche se non mi sarebbe dispiaciuto mangiare con lei. Ormai le volte in cui succede sono davvero molto poche, a causa del suo lavoro. -

    Leste sospirò e, dopo aver lasciato le proprie cose in camera, scese in cucina mettendosi seduto a tavola, assaporando quel ben di Dio che la madre aveva preparato. Dalla tasca dei pantaloni prese il cellulare - la madre gli proibiva sempre di usarlo durante i pasti, ma lei non c'era, quindi... - mettendosi a controllare la rubrica: voleva scrivere a Jade, il suo migliore amico, per chiedergli i compiti. Erano tanti e avrebbero potuto dividerseli, o semplicemente l'altro ragazzo sarebbe potuto andare a casa sua per farli assieme.

    ♠ Ehi, abbiamo tanti compiti da fare, io sono a casa totalmente solo perché mia madre è a fare delle commissioni, vuoi venire da me così li facciamo assieme? ♠

    Erano soliti raggiungere casa dell'altro direttamente assieme, ma quel giorno Jade aveva avuto da fare direttamente dopo scuola, ma in quel momento doveva essere libero, se Leste ricordava bene. Continuò a mangiare mettendo della musica per riempire quella cucina tanto vuota quanto era grande. Leste non voleva di certo lamentarsi dell'agio in cui abitava, però ciò aveva delle conseguenze e, una di esse, era il vedere la madre davvero pochissimo.
    Sospirò appena e aprì il messaggio di risposta che Jade gli aveva appena mandato, sorridendo soddisfatto dalla sua risposta.

    ♠ Va bene, parto subito, sarò lì tra una decina di minuti. Inizia già a farne qualcuno, così ci tiriamo avanti. ♠

    Jade non aveva il tempo di iniziarli, ma almeno uno o due esercizi sarebbero stati fatti, almeno ci contava su quello. Leste si limitò a rispondere con un "va bene" e, dopo aver lavato i piatti a mano, si mise ad iniziare matematica. Per quanto fosse bravo a scuola, quella era proprio una materia molto controversa per lui, infatti aveva troppo spesso molti problemi con essa, nonostante le mille e una spiegazioni da parte di Jade. Quegli esercizi sembravano essere però semplici, infatti riuscì a completarne tre prima che arrivasse il suo migliore amico e il risultato combaciava pure con quello segnato sul loro libro, quindi non poteva essersi sbagliato.
    Stava iniziando a segnare le cose importanti per il quarto quesito, quando finalmente qualcuno suonò il campanello: si alzò bello deciso e pompante e raggiunse la porta in dieci secondi netti, aprendo con un enorme sorriso stampato in faccia.

    "Non ci crederai mai, Jade! Sono riuscito a fare ben tre esercizi completamente da solo e stavo per iniziare il quarto. I tuoi insegnamenti iniziano a ripagare." Era decisamente troppo entusiasta per tutto quello e Jade ridacchiò.
    "Beh era ora che andasse così, eh. Finalmente ti è entrato qualcosa di matematica in quella zucca vuota che ti ritrovi." Entrò nella casa e andò a sedersi al tavolo della cucina, dove vi erano il libro e il quaderno aperti di Leste.
    "Non ho la zucca vuota! Solo che è troppo difficile per me come materia e difficilmente ci capisco qualcosa. Sembra che il professore parli ostrogoto, cosa posso farci io."

    Leste si sedette di fronte e passarono quasi tre ore concentrati sui libri, scambiandosi consigli, aiuti e qualche sguardo di troppo. Le labbra di Jade erano decisamente invitanti, ma sapeva che sarebbe respinto letteralmente subito: l'altro ragazzo non accettava tutto quello. Leste dubitava che odiasse i gay, semplicemente forse lui non lo era, o non trovava interesse in uno come lui o, ancora, lo vedeva solamente come un migliore amico e nulla di più. Portò le braccia in aria per stiracchiarle e chiuse i libri con un tonfo: ormai avevano finito e potevano rilassarsi senza problemi.

    "Ti va di giocare a qualcosa?" Gli chiese infine, prima di andare a mettere via tutto ciò che aveva usato, in modo che non restasse tutto in ordine.
    "Mi fermerei volentieri oltre, ma devo rientrare assolutamente a casa: mia madre deve uscire tra mezz'ora e io devo badare a mia sorella. Possiamo però fare domani se vuoi." Jade dal canto suo mise via le sue di cose e osservò il compagno di classe, prima di alzarsi per andare alla porta.
    "Vada per domani. Salutami tua mamma e la tua sorellina!"

    Non lo accompagnò alla porta, quella era come se fosse casa sua ormai, dato quanto tempo passava lì. Il ragazzo con i boccoli e i capelli arancioni annuì, uscendo da essa. Doveva prendere l'ascensore, dato che Leste abitava al quarto piano dell'edificio e, quando questo si aprì, degli energumeni molto poco raccomandabili uscirono da esso.

    "Sei Leste dell'orologio?" Gli chiese colui che sembrava il capo. Jade non sapeva chi fossero, ma era consapevole che doveva assolutamente proteggere il suo migliore amico.
    "Anche se lo fossi...?" C'era qualcosa di strano in tutto quello: come mai cercavano Leste? Poi chi diavolo erano quei tizi?
    "In tal caso, mi dispiace per la nostra irruenza."

    Rispose lo stesso tipo di prima, facendo un cenno semplice con la mano sinistra. In pochissimo tempo si ritrovò a terra, il tizio più muscoloso tra tutti che lo bloccava in modo doloroso.

    "Jade...!"

    Leste uscì dal suo appartamento e si bloccò nel vedere la situazione: non sapeva chi fossero quei tizi, ma avevano preso il ragazzo sbagliato, poco ma sicuro. Il capo fissò prima Jade e poi Leste, quindi Jade venne lasciato libero, mentre veniva invece preso Leste. Cosa stava succedendo? Per quale motivo volevano portarlo via? Ma soprattutto... Dove?

    "Non lo porterete via, non senza il mio permesso. Fammi parlare con Lui." La voce era quella di una donna, quella di sua madre. "Non me lo porterai via, sognatelo."

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    Leste va a casa di Jade, al ritorno viene però rapito da un uomo. Yande e gli altri si danno da fare per salvarlo e portarlo via da dove è prigioniero.

    "Vieni a casa mia oggi, Leste. Mia mamma sarà felice di averti come ospite e possiamo metterci a giocare un po' alla play. Sei da solo a casa, no?" Erano alla pausa tra una lezione e l'altra, stavano letteralmente sempre assieme, e le ragazze della loro classe iniziavano a pensare decisamente male. Tra di loro però c'era solamente una forte amicizia, nonostante in molti momenti le cose si erano fatte alquanto imbarazzanti.

    "Sì, mia mamma è via per lavoro da diversi giorni, come succede ormai da un po' troppo tempo. Non mi dispiace essere a casa da solo, ma mi manca l'affetto materno in questo modo, lo devo ammettere." Leste sospirò appena, mentre osservava cosa scriveva Jade sul suo quaderno.

    "Magari potresti anche fermarti a dormire da me, ma per questo devo parlarne con mia mamma: domani che non abbiamo scuola vorrebbe andare a trovare i miei nonni, quindi forse non ci è possibile."

    Leste annuì distratto a quelle parole, per niente convinto di ciò che era stato appena detto. Avrebbe offerto da solo di tornare a casa, non voleva essere un peso per la famiglia del suo migliore amico, anche se non sembrava venir disprezzato. Doveva ammettere che invidiava Jade non poco: aveva una madre sempre presente, che si occupava di lui. Cos'aveva lui invece? Una madre totalmente assente, che spesso si dimenticava di lui per fin troppo tempo, lasciandolo a casa completamente solo anche per settimane intere. Avrebbe dovuto averci fatto ormai abbastanza l'abitudine: succedeva da davvero troppo tempo, eppure non avrebbe mai sperato di sperare che qualche volta lei avrebbe passato più tempo con lui. Il peggio era però rappresentato dal fatto che era figlio unico e che nemmeno sapeva che volto avesse suo padre. Era cresciuto con la convinzione che non fosse nemmeno vivo, ma sua madre poteva semplicemente stare cercando di proteggerlo da qualcosa di troppo grande per lui.
    Non riusciva proprio a capire quella donna che, per quanto era assente nella sua vita, gli sembrava quasi un'estranea. Quando tornava a casa però si prendeva sempre cura di lui al massimo e gli donava quell'affetto materno che spesso gli mancava.
    Vide entrare nella propria visuale una mano che veniva mossa per attirare la sua attenzione e lui sussultò, sbattendo le palpebre: si era perso nei suoi pensieri e non aveva più ascoltato qualsiasi cosa fosse stata detta dal suo migliore amico. Ah, che figuraccia che aveva appena fatto! Non era davvero possibile.

    "Scusami, mi sono perso nei miei pensieri. Cosa stavi aggiungendo?" Cercò di scusarsi guardando - vedendo - Jade seduto di fronte a lui.
    "Dicevo che potremmo metterci a giocare ai videogiochi, chiusi in camera così da non rischiare che mia sorella si intrometti e voglia giocare anche lei. Lo sai quanto può essere insistente se scopre che stiamo giocando." Jade lo guardò con un espressione un po' preoccupata, chiedendosi a cosa stesse pensando in quel momento che lo aveva reso così spensierato.
    "L'idea mi piace, lo sai che adoro giocare ai videogiochi e tranquillo, tua sorella non lo scoprirà. Allora andiamo a casa tua assieme dopo la scuola."

    Aveva già deciso tutto lui: non era un auto invito quello, però non voleva repliche, non voleva tornare a casa prima di passare da lui. Le ore scolastiche sembravano non voler finire mai, ma alla fine successe e loro due fecero la consueta strada assieme, che Leste conosceva ormai come le sue tasche. Era dall'asilo che si conoscevano ed era stato spesso a casa sua: la considerava come una seconda casa e considerava la famiglia di Jade come una seconda famiglia. Era una cosa davvero importante per lui e gli faceva sempre piacere vedere come la madre del suo migliore amico si preoccupasse per lui come se fosse comunque il suo terzo figlio.
    Il tempo sembrò passare troppo in fretta e Leste non voleva essere di troppo disturbo, quindi prese le sue cose e se ne andò alla porta.

    "Non voglio essere troppo di impiccio, quindi torno a casa. Ci vediamo lunedì a scuola. Grazie per il pranzo e l'avermi ospitato signora, l'ho davvero apprezzato." Sorrise con gentilezza alla donna e aprì la porta, facendo un passo oltre essa.
    "Mi raccomando fai attenzione mentre torni a casa Leste! Buona serata."

    Quella donna si preoccupava davvero troppo per lui e, anche se da una parte la cosa lo rincuorava, si sentiva comunque triste sotto sotto. Non avendo voglia di tornare subito nella casa vuota, si fermò ad un parchetto dove andava di solito assieme a Jade quando passavano il pomeriggio assieme: si sedette su un'altalena e guardò a terra con fare triste, sospirando.

    "Tutto a posto ragazzino? Non dovresti essere qui da solo a quest'ora."

    Leste girò di scatto la testa e si spaventò nel vedere un uomo incappucciato seduto sull'altra altalena. Non ebbe il tempo di dire nulla, solo quello di alzarsi per poi cadere a terra addormentato a causa del cloroformio.
    Quando si svegliò era incatenato ad una brandina e davanti a lui c'era di nuovo quell'uomo: non sapeva cosa volesse da lui, forse soldi?

    "Vedete di trovare mio figlio in fretta, non mi interessa cosa vuole quell'uomo dal mio ex marito, Leste deve essere qui sano e salvo, ci siamo capiti?" Erano servite delle ore prima che la madre di Leste capisse che qualcosa non andava, soprattutto dopo che il suo migliore amico gli aveva detto che era tornato a casa.
    "Se ne è appurato anche il Capo. Lo riporteremo qui sano e salvo."

    Fu un gioco da ragazzi trovare dove venisse tenuto prigioniero, come anche il suo salvataggio: Yande era stato incaricato di prelevarlo e portarlo al sicuro, ma scoppiò una sparatoria con il criminale, che però non riuscì a ferire né Leste, né Yande.
    Dopo il salto nel vuoto terminato nell'acqua lo portarono nella casa del capo, dove fu lasciato a dormire, data l'esperienza che aveva fatto e, al suo risveglio trovò la madre ad aspettarlo.

    "Mi prenderò più cura di te Leste, mi dispiace un sacco, non doveva andare così."

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    Yuri Plisetsky, Viktor Nikiforov e Yuuri Katsuki incontrano Yuzuru Hanyu, Evgenij Pljuščenko, Evgenija Medvedeva per un allenamento assieme.

    Il freddo pungente del febbraio russo permeava l'aria, le persone camminavano per le strade di San Pietroburgo affrettandosi per andare al lavoro o per rientrare a casa dopo un'intera notte passata fuori. Cercavano il caldo, nonostante fossero abituati alle temperature sempre così basse e rigide, ma chi poteva non farlo? Il respiro si condensava in nuvolette nell'aria, le gambe delle persone cercavano di muoversi il più velocemente possibile, senza però incespicare in qualcosa o qualcuno. La vita era comunque frenetica anche lì a San Pietroburgo e questo nessuno lo poteva negare.

    "Ehi porcellino! Vieni, non abbiamo tutto il tempo di questo mondo!" Yuri Plisetsky si stava sforzando di parlare in inglese al giapponese solo perché glielo aveva chiesto Viktor, altrimenti lo avrebbe lasciato benissimo a perdersi per la capitale russa senza pensarci su due volte.

    "Stai andando troppo veloce, si può sapere cosa sta succedendo, Yuri?" L'altro Yuuri cercava di mantenere il suo passo, ma gli era quasi difficile: era una rarità che il lì presente Yuri Plisetsky fosse così di fretta.

    "Dobbiamo andare al palazzetto del ghiaccio, Viktor ci sta sicuramente già aspettando, datti una mossa o ti lascio qui e poi ti arrangi!"



    Doveva essere appena arrivata una delegazione di altri pattinatori: Yuzuru Hanyu, si sarebbe presentato anche Evgenij Pljuščenko - 4 volte campione olimpico e svariati altri titoli nel suo palmares all'attivo - proprio da quella città dove erano in quel momento, Evgenija Medvedeva che attualmente si allenava in Canada, ma che fino a vari anni prima lo faceva lì a Mosca e molti altri. Non potevano arrivare in ritardo e quella era una delle rarissime volte in cui il piccolo russo si sentiva davvero entusiasta per qualcosa: poter incontrare quei grandi pattinatori dal vivo era un vero e proprio sogno per lui.

    La strada che li portava al palazzetto gli sembrava infinita e, per qualche attimo, si maledisse per non aver deciso di aver preso un mezzo di trasporto: il palazzetto era comunque ben collegato al centro dopotutto. Sospirò appena e sorrise estasiato vedendo finalmente la loro ambita meta, o meglio: la SUA meta. Non gli interessava di certo quanto quell'evento potesse essere importante per l'omonimo ragazzo giapponese che, in quel momento, aveva il fiatone. Yuri lo guardò sottecchi, scuotendo a malapena la testa, mentre si metteva a posto la sacca con i pattini sulla spalla destra. Non ci volle molto prima che riuscisse a scorgere il bus con cui erano arrivati i pattinatori e, attorno ad esso, vi era un gruppo consistente di persone. Sbuffò dato che erano tutti giornalisti e di sicuro avevano tartassato i nuovi arrivati da quando avevano mosso i primi passi fuori dal veicolo che dall'aeroporto li aveva portati lì.

    La tigre russa accelerò ancora il passo e raggiunse infine il pulman: i pattinatori erano scesi, lo poteva vedere, dato che era vuoto, ed erano anche entrati nel palazzetto ormai, non sembravano essere stati rapiti dai giornalisti. Si sentiva inaspettatamente sollevato da ciò e, sperando che nessuno si accorgesse di lui, cercò di entrare nell'edificio.



    "Oh... Yuri Plisetsky...! Posso avere una veloce intervista?"



    Niente, era stato beccato subito per propria sfortuna, ma non aveva tempo da perdere in chiacchiere totalmente inutili: aveva delle cose da fare. Guardò con la sua solita espressione arrabbiata il povero malcapitato e lui si zittì, lasciandolo quindi entrare alla sua meta. Yuri si strinse nel cappotto che avrebbe però tolto di lì a poco, lasciando spazio alla sua solita maglietta nera maniche corte e i pantaloni anch'essi neri. Quella giornata non sarebbe stata molto intensa: si sarebbe trattato solamente di un allenamento con quei grandi pattinatori, non una gara, ma il suo cuore batteva già a mille per l'emozione e lui si sentiva molto confuso da quel sentimento.

    Ci mise relativamente poco a mettere i pattini nello spogliatoio: li strinse quanto bastava per non rischiare di farsi male, alzandosi poi e uscendo nel corridoio che portava alla pista. Era bella grande, si allenavano anche in molti lì contemporaneamente, quindi non sarebbe stato complicato farlo anche quel giorno, ma Yuri voleva assolutamente la chance di parlare con Pljuščenko, che era letteralmente il suo idolo fin da quando era piccolissimo. Era stato guardando le sue gare che si era deciso a provare a fare il pattinaggio sul ghiaccio, anche se suo nonno non aveva la tecnologia, a parte un televisore. Vederlo lì dal vivo era un sogno per lui, soprattutto potergli parlare completamente in russo, piuttosto che in inglese come con altri pattinatori. Certo gli mancava Otabek: il ragazzo kazako non era potuto arrivare fino a lì quel giorno, dato che aveva dei problemi in famiglia e il ragazzino russo si era tenuto in stretto contatto con lui, un po' preoccupato.



    ♠ Sto per iniziare gli allenamenti con i grandi pattinatori, ci sentiamo più tardi. Spero che tu stia bene, non esitare a scrivermi per qualsiasi cosa. ♠



    Avevano un rapporto molto particolare loro due: Otabek era l'unico ragazzo che Yuri sopportava e si sentiva molto spesso con lui per e-mail o messaggio. Era qualcosa di davvero speciale e solo ed esclusivamente con lui rideva e sorrideva come mai faceva e mai aveva fatto in vita sua.

    Mise via il celluare e si mise al lato della pista iniziando con il suo solito stretching: non voleva rischiare di avere crampi, quindi una buona preparazione era l'arma migliore.



    "Sono Evgenij Pljuščenko, tu sei Yuri Plisetsky, giusto? Abbiamo l'opportunità di allenarci assieme, quindi cosa ne dici di sfruttare al meglio questa nostra opportunità?"


    A Yuri si illuminarono letteralmente gli occhi a quella domanda e annuì con fermezza: tutto quello era più di ciò che si sarebbe mai potuto aspettare e il quattro volte campione olimpico non lesinò sui consigli da dargli. Da come migliorare il suo stretching, a come migliorare il punto di attacco dei suoi salti: era già solido, difficilmente cadeva, ma voleva rivelargli come raggiungere quella perfezione che ancora gli mancava del tutto. Per Yuri tutto quello fu come essere in paradiso e non poteva sentirsi più felice.

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    Atsumu Miya chiede a Hinata Shoyo di andare al Ballo del Ceppo con lui

    "Ecco a voi la Delegazione di Durmstrang, dall'estremo Nord, assieme al suo preside, Tanji Washijō ."



    Il silenzio interrotto solo dalle parole di Ikkei Ukai venne interrotto dall'arrivo degli studenti che si esibirono in una danza particolare con i bastoni che tutti avevano. Erano vestiti in modo abbastanza pesante, una divisa rossa con un mantello appuntato sulla spalla sinistra. La danza sembrava molto aggressiva, ma al contempo la bellezza degli studenti cozzava con essa, impedendo agli altri ragazzi di distogliere lo sguardo da loro anche solo per un secondo.





    "Ehi, ma quello è Atsumu Miya, il Cercatore della Nazionale Bulgara di Quidditch!"



    Quelle parole arrivarono completamente ovattate alle orecchie di Hinata Shouyo, Cercatore dei Grifondoro, che si era incantato ad osservare i nuovi arrivati. Uno in particolare lo aveva in realtà colpito molto ed era proprio colui che era stato appena riconosciuto come Atsumu Miya. Passarono qualche frazioni di secondo e i loro sguardi si incrociarono per qualche fuggitivo istante: sul volto di Sumu apparve un lievissimo sorriso e il grifone dai capelli arancioni si ritrovò ad arrossire completamente, come una ragazzina alla sua prima cotta. Si sentiva le guance letteralmente scottare e sapeva benissimo di non avere la febbre, ma ciò era tutto causato da quel bulgaro. Hinata poteva davvero essere sicuro che il suo sorriso fosse stato diretto proprio a lui? Dopotutto c'erano tutti i suoi compagni lì vicino, magari si era solo montato la testa.

    Il preside di Durmstrang andò ad abbracciare Ukai, mentre Atsumu si era portato vicino ai compagni e si osservava attorno: voleva incontrare di nuovo gli occhi marroni di quel ragazzo che poco prima lo aveva stregato. Non ci volle molto tempo prima che li trovasse, scartandone molti altri dello stesso colore, e quella volta si soffermò di più ad osservarlo: i capelli arancioni erano corti e totalmente disordinati, e il ragazzo di Hogwarts scostò subito lo sguardo, di nuovo totalmente imbarazzato. Miya stesso non capiva cosa stesse succedendo, ma il suo cuore batteva più forte nel petto, e finiva con l'imbarazzarsi totalmente.



    ***



    Hinata si sentiva osservato spesso dal Cercatore della nazionale bulgara e sentiva uno strano sentimento, che aumentava di giorno in giorno.

    Fu quella sera stessa, dopo essere uscito dalla Sala Grande, che Hinata venne fermato per le scale da Atsumu, che si era piazzato davanti a lui e il grifondoro a momenti gli era finito addosso.



    "Hinata Shouyo, posso parlarti qualche istante? Da solo."



    Miya si era preparato il discorso che voleva fargli per così tante ore nella loro nave, davanti allo specchio della sua stanza: non poteva sbagliare, non ora che stava per chiederglielo. Riuscì a leggere nell'espressione del ragazzo del quinto anno di quella scuola lo stupore, che poi però si trasformò velocemente in un sorriso ampio, tutto dedicato a lui.



    "Certo, Miya-san."



    Sulle sue guance era apparso un lieve rossore, mentre Atsumu si ritrovò senza sapere cosa dire: si era sì aspettato che gli desse risposta affermativa, ma in quel momento tutto ciò che aveva provato per troppo tempo lo aveva completamente dimenticato davanti a quel "Miya-san". Si ritrovò a seguire Hinata in silenzio, diretti in un posto che lui ovviamente non conosceva, ma sapeva che sarebbero stati da soli.

    Scesero varie rampe di scale - stando attenti che non cambiassero da sole - passarono vari corridoi e alla fine uscirono nei giardini del castello: impiegarono altri minuti prima di fermarsi finalmente vicino ad una panchina. Non c'era nessuno in giro, forse perché faceva freddo, ma per Hinata quello non aveva importanza e lo studente di Durmstrang era vestito in modo pesante.

    Di loro il primo a sedersi fu Hinata, il quale fece cenno al compagno di fare altrettanto, cosa che il bulgaro fece velocemente, sedendosi poco distante da lui e avvicinò il viso al suo, osservandolo negli occhi.



    "Senti Hinata, ci conosciamo da pochissimo tempo, tu forse hai sentito parlare di me grazie alla Coppa del Mondo di Quidditch, mentre io... io beh..." Dannazione, aveva ripassato il discorso così tante volte, per quale dannato motivo non riusciva a farlo senza incespicare nelle parole? "Io non ho mai sentito parlare di te prima di ora, ma..." Il suo cuore aveva iniziato a battere come un pazzo, minacciando di saltargli fuori dal petto per quanto era agitato in quel momento. "Da quando ti ho visto seduto lì alla grande tavolata dei Grifondoro, tu che con questa chioma arancione attiri l'attenzione di tutti..." Stava dicendo cose senza senso e non riusciva ad arrivare al punto, poteva essere possibile? "Mi hai stregato. Insomma... Vuoi andare al ballo del Ceppo con me?"



    La frase più importante l'aveva detta così velocemente che per un momento temette che l'altro non avesse capito ciò che aveva detto. Era, ovviamente, disposto a ripeterla, ma sperava di non doverlo fare, perché era già stato fin troppo imbarazzante tutto quello.

    Hinata sembrava essersi ammutolito, sembrava addirittura non respirare più per la sorpresa e aveva la sensazione che si sarebbe potuto sentire male per l'emozione che lo aveva appena investito. Quando il grande Miya gli aveva detto di volergli parlare mai si sarebbe immaginato che fosse quello il motivo e ora non sapeva come reagire. Sicuramente non stava facendo una bella figura davanti al ragazzo bulgaro, che probabilmente stava iniziando a preoccuparsi.

    Vedendo Miya che stava per mettersi a parlare, gli portò un dito davanti alle labbra, senza toccarle, per dirgli di non dire nulla.



    "I-io... Non so cosa dire: quando mi hai chiesto di parlare totalmente da soli non immaginavo una richiesta simile. Cioè, non so nemmeno io cosa mi aspettassi, ma di certo non la richiesta per venire al Ballo con te Miya-san." Hinata si coprì per qualche istante il volto con le mani, ma poi lo liberò, mostrando al maggiore un grande sorriso. "Accetto volentieri Miya-san!"



    Il cuore dei due batteva molto forte nei petti di entrambi, i loro volti erano ancora molto vicini, non ci sarebbe voluto molto per unire le loro labbra in un bacio, ma entrambi avevano paura di quel passo.

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