Fic terza settimana Cow-t 10

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    Hinata subisce un grave infortunio e non può più giocare a pallavolo. Atsumu gli regala un cagnolino che gli tenga compagnia.




    Avevano provato quella veloce più e più volte in partita e in allenamento da quando si erano ritrovati nella stessa squadra: la prima volta era stata letteralmente un azzardo, ma aveva funzionato alla perfezione. Da quel momento in poi era stata tutta un'ascesa: erano riusciti ad essere più veloci, Hinata riusciva a schiacciare da un punto più alto e per Atsumu quello non era un problema; ovunque il ragazzo dai capelli arancioni fosse, il pallone gli sarebbe arrivato perfetto a portata di mano, affinché lo mettesse a terra con forza nel campo avversario.
    Giocavano assieme letteralmente da pochi mesi, eppure l'affiatamento poteva quasi sembrare peggiore di quello che l'altro ragazzo aveva avuto con Kageyama ai tempi della Karasuno. La prima volta che avevano usato la loro veloce contro gli Schweiden Adlers a tutti era sembrata più veloce e Atsumu ne era andato piuttosto fiero: quattro anni prima aveva promesso a Hinata che gli avrebbe fatto da alzatore ed era proprio quello che era successo. Durante l'odierna partita contro gli Schweiden Adlers doveva però esserci qualcosa che non andava: le loro veloci erano sempre perfette e d'effetto, ma c'era qualcosa di strano nel più piccolo, in quel numero ventuno che non faceva altro che correre come un pazzo - più del solito - per il campo.
    Fu appena ci fu un time-out che Miya ebbe il tempo di parlargli un attimo: era importante per la squadra e quel suo modo di fare lo avrebbe solamente portato a fare del male a se stesso e ai compagni.

    "Shoyo-kun smettila di comportarti così, o finirai con il farti male."

    Lo guardava dritto negli occhi, un espressione decisa sul suo volto e che non ammetteva repliche: c'erano sì altri schiacciatori laterali degni di quel posto nella squadra, ma lui era particolare e... non lo voleva perdere. Vide Hinata abbassare lo sguardo e annuire e sospirò, ascoltando infine le parole del loro coach.

    Fu verso la fine del secondo set che accadde l'irrecuperabile: Atsumu aveva di nuovo alzato perfettamente per Hinata, il quale aveva saltato ancora più in alto del solito e Atsumu si era solo concentrato su un eventuale contrattacco degli Schweiden. Lo sguardo si era fissato sulla palla che toccava inesorabilmente terra a pochi centimetri da Kageyama Tobio, mentre le sue orecchie vennero assordate da un improvviso urlo disumano. Si sentì pietrificato, sapendo bene a chi apparteneva quella voce e aveva paura di guardare cosa fosse successo: aveva forse appoggiato male il piede mentre tornava a terra? Lo aveva forse messo su quello di un avversario e si era preso una bruttissima storta? Mai il girarsi gli prese così tanto tempo: con la coda dell'occhio poteva vedere il massaggiatore della loro squadra entrare in campo e tutte le persone sugli spalti erano ammutolite. Nessuno parlava, nessuno osava fiatare: se Atsumu guardava i suoi compagni vedeva solo le loro facce sconvolte e che anche loro trattenevano il respiro. Fu solo allora che l'ex giocatore dell'Inarizaki si decise a girarsi: Hinata era disteso a terra, le mani alla faccia mentre gli veniva controllata la caviglia, che non sembrava in un buono stato, l'urlo si era placato, ma era palese che fosse in uno stato di dolore tale da non riuscire a sopportarlo. Miya si avvicinò a lui e gli si inginocchiò vicino, stringendogli una mano: non importava quante persone vedevano quel gesto. Erano fidanzati e lui doveva mostrargli il suo supporto.

    "Andrà tutto bene Shoyo, okay? Non preoccuparti." Gli sussurrò all'orecchio, cercando di calmarlo.
    "Mi... mi dispiace Sumu... me lo avevi detto che mi sarei fatto male."

    Miya scosse la testa: da quando glielo aveva detto aveva migliorato tutto ed era diventato meno selvaggio, quello era stato solo un colpo di sfortuna. Il fisioterapista guardè Sumu in una muta richiesta di aiuto nell'alzarlo e portarlo quanto meno alla panchina, al che il numero tredici dei Black Jackal annuì e prese Hinata sotto alla vita, aiutandolo così ad alzarsi, attento a non fargli appoggiare il piede malato a terra. Portò un suo braccio dietro la propria spalla, mentre il massaggiatore faceva la stessa cosa e lentamente portarono Hinata alla panchina, dove gli fu applicato subito del ghiaccio sulla caviglia, dopo averlo fatto stendere.

    "Deve essere portato in ospedale e... non vorrei arrivare a conclusioni troppo affrettate, lo confermeranno in caso al pronto soccorso, ma temo che non potrà più giocare a pallavolo."

    Si erano messi in disparte per parlarne, così da evitare che Hinata potesse sentire quella discussione, che già per Atsumu stesso fu una doccia gelata. Sarebbe stato davvero difficile da accettare per Hinata, ne era certo.

    " 'Sumu, continua a giocare, raggiungimi dopo in ospedale. Devi rimanere qui, non è giusto che abbandoni la partita per colpa mia."

    Come poteva credere Hinata che sarebbe stato facile concentrarsi da quel momento in poi? Con il pensiero al suo fidanzato sotto i ferri e che forse non avrebbe più potuto giocare a pallavolo? Miya guardò di sfuggita il loro coach e il suo sguardo lasciava a lui la scelta: avrebbe perfettamente capito se avesse voluto seguire Hinata e non glielo avrebbe impedito. Preferiva averlo in squadra in buona forma, non con la testa tra le nuvole.
    In ospedale alla fine venne confermato il timore del fisioterapista e Hinata venne operato per rimettere a posto la caviglia così da permettergli di camminare come sempre, ma gli sarebbe stato impossibile tornare a saltare come una volta.

    *******

    "Lo sai Sumu...? Quel giorno avrei dovuto ascoltarti di più, dopo quella veloce sono finito male sul piede di Ushiwaka ed è successo ciò che è successo. Me ne pento amaramente, perché ora non posso più tornare a giocare e la pallavolo è sempre stata tutto per me." Hinata aveva deciso di interrompere il silenzio che regnava nell'abitacolo dell'auto con cui il fidanzato era andato a prenderlo in ospedale: erano saliti da pochi minuti e lui non era riuscito a sopportare tutto quello.

    "..." Sumu non sapeva esattamente cosa dire, ma doveva farlo. "L'importante è che tu riesca a camminare. Lo so quanto fosse importante per te la pallavolo, però non possiamo tornare indietro nel tempo."

    In più a casa c'era qualcosa che aspettava solamente l'arrivo di loro due: qualche giorno prima Atsumu aveva trovato un cucciolo di cane abbandonato per strada. Il pelo gli ricordava molto il proprio colore di capelli, mentre gli occhi erano dello stesso colore di quelli di Hinata. Lo aveva trovato adorabile e aveva deciso di portarlo a casa, convinto che avrebbe fatto molta compagnia al fidanzato, mentre lui era agli allenamenti con la squadra. A volte nella testa di Atsumu risuonava ancora l'urlo che aveva cacciato Hinata quel fatidico giorno ed era sempre più convinto che in qualche modo tutto quello fosse colpa sua e ciò non faceva che accrescere i suoi sensi di colpa. Se solo si fosse impuntato di più sul farlo stare tranquillo forse tutto quello non sarebbe successo.
    Scrollò appena la testa per togliere dalla mente quel pensiero e portò una mano su quella di Hinata, come a volergli dare forza. A volte tra di loro bastava anche solo un semplice gesto, le parole non erano sempre necessarie, proprio come in quel momento.
    Quando arrivarono a casa Atsumu scese per primo e gli aprì galantemente la portiera - anche se non ce n'era affatto bisogno, ma lui voleva viziarlo un pochino in quel momento - e Hinata scese adagio dal sedile, respirando a fondo l'aria di libertà. Non gli era piaciuto dover restare in ospedale, poter uscire ben poco, se non per niente, quindi ora si sentiva davvero felice di potersene stare all'aperto. In una situazione normale si sarebbe messo a saltellare fino all'entrata, ma non gli era permesso, quindi si limitò a seguire il fidanzato con un sorriso un po' ebete sulla faccia.

    "Copri gli occhi e aspettami qui, Shoyo."

    Atsumu dovette attendere che il ragazzo dai capelli arancioni facesse ciò che gli aveva appena detto, ma poi fu in grado di entrare in casa e prendere il regalo che gli aveva fatto. Era sicuro che lo avrebbe adorato proprio come era successo a lui appena lo aveva visto, dato che la sua famiglia già aveva un cane. Non gli aveva ancora dato un nome, voleva che fosse Hinata a sceglierlo, ma gli aveva messo attorno al collo un grosso fiocco arancione. Portò Hinata in casa prendendolo per un braccio e, dopo aver chiuso la porta, si piazzò davanti a lui con un sorriso a trentadue denti.

    "Ora puoi aprire gli occhi."

    Sperava che non avesse sbirciato nel frattempo, ma probabilmente no, data la sua espressione decisamente stupita e felice. Dopo ciò che era successo era stato sempre triste, ma ora era tornato a sorridere. Un sorriso genuino che Miya non aveva mai visto prima d'ora sulle sue labbra, ma era felice di essere lui il motivo di esso.
    Gli occhi di Hinata luccicavano per l'emozione e sembrava essere sul punto di mettersi a piangere per la felicità, mentre abbracciava stretto l'altro ragazzo.

    "Questo cucciolo è carinissimo, grazie infinite! Me ne prenderò cura come si deve, gli darò tutto l'amore che si merita!" Si sentiva davvero al settimo cielo e gli sembrava di vedere la luce in fondo al tunnel della tristezza.

    "Mi sei sembrato così triste da quando hai avuto l'infortunio e poi ho trovato questo cagnolino abbandonato, quindi ho deciso di portarlo a casa per regalartelo. Vi farete molta compagnia a vicenda. Come vorresti chiamarlo?" Miya gli accarezzò appena i capelli, staccandosi solo per posare a terra il cucciolo, cosicché potesse muoversi invece di stare intrappolato tra loro due.

    "Mh... Shomi! Un po' il misto tra i nostri nomi."

    Guardarono entrambi il cucciolo che si era messo ad esplorare l'appartamento con una certa curiosità e Sumu annuì: era un bel nome, piaceva molto anche lui e trovava carino che Hinata avesse pensato di richiamare i loro, per darlo al cagnolino che ora era lì con loro, per sempre.

    N.d.a.: Storia partecipante alla M1 della terza settimana del Cow-T.
    Fandom: Haikyuu
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    Atsumu torna a casa dagli allenamenti e trova Hinata con un neonato.



    "Tadaima."
    La voce di Atsumu risuonò nell'atrio dell'appartamento che divideva con Hinata: erano andati a vivere lì da qualche mese ormai, forti del fatto che giocavano assieme nella stessa squadra. Si erano scoperti attratti l'uno dall'altro dopo la partita alle Nazionali dove la squadra di Sumu aveva perso contro la Karasuno e, dopo essersi persi di vista per due anni - Hinata si era trasferito in Brasile per imparare a beach volley, mentre Sumu stesso era entrato nella squadra dei MSBY Black Jackals - finalmente si erano ritrovati.
    Era stata un po' una sorpresa per l'ex giocatore dell'Inarizaki ritrovarsi quella chioma di capelli arancioni davanti ad allenamento, di punto in bianco. Non se lo sarebbe aspettato, anche perché l'ex corvo non gli aveva detto nulla del suo ritorno in terra nipponica, né tantomeno che aveva fatto un provino per entrare nella sua stessa squadra. Da lì a decidere di dividere l'appartamento e le spese era stato un gioco davvero da ragazzi e, con il passare del tempo erano anche arrivati a dichiarare apertamente i sentimenti che provavano l'uno per l'altro. Non era mai stato semplice stare lontani per così tanto tempo, ma quando Hinata se ne era andato ancora non erano sicuri di ciò che provavano l'uno per l'altro.
    "Okaeri, 'Sumu. Come sono andati gli allenamenti oggi?" Il ragazzo dai capelli arancioni gli si avvicinò zoppicando e si alzò in punta di piedi così da poterlo baciare sulle labbra e Atsumu chinò lievemente la testa, cosicché gli fosse più facile farlo. Hinata era costretto a rimanere a casa a causa di un infortunio e la cosa non gli andava per niente a genio.
    "Stanno andando bene anche senza la tua presenza. Non devi temere nulla, bensì devi solo pensare a riprenderti in fretta dall'infortunio, o peggiori solamente le cose."
    Gli era stato ripetuto più volte di restare a riposo assoluto e l'alzatore sapeva benissimo quanto fosse difficile per il suo fidanzato sempre iperattivo. Mentre le loro labbra erano giunte, il pianto di un neonato riempì l'appartamento e Sumu sbiancò sentendolo. Hinata invece si staccò dal bacio e, senza dargli una spiegazione, raggiunse la cucina, dove aveva messo un passeggino e lasciato il bimbo a dormire. Doveva avere fame se si era svegliato e sua zia gli aveva spiegato come dargli da mangiare. Lo prese in braccio mentre preparava il biberon con il latte, ricordandosi solo in quel momento di non aver dato nessuna spiegazione al povero Atsumu.
    Atsumu che se ne stava sulla soglia della cucina ad osservarlo armeggiare con quel biberon e a cullare il pargoletto. Mille quesiti gli passavano per la testa in quel momento: da dove usciva quel bambino? Non era mica pronto a diventare padre lui...!
    "Shoyo... Cosa mi devi dire?" Atsumu deglutì a fatica, aprendo la felpa della divisa della loro squadra, dato che improvvisamente faceva troppo caldo per i suoi gusti.
    "Mh? In che senso?" Hinata non sembrò capire cosa intendesse e l'ex giocatore dell'Inarizaki indicò - con un cenno della testa - il bambino che l'altro aveva tra le braccia.
    "Io... Io non sono pronto a diventare papà, eh!" Forse quella era la cosa più stupida che avrebbe potuto dire, ma era la verità. Hinata per fortuna non sembrò per niente offeso da tali parole.
    "Ah lui...! Non ti preoccupare, mia zia mi ha chiesto di badare a lui per qualche ora oggi dato che doveva per forza andare a lavorare. Torna a riprenderlo verso le sette."
    Il ragazzo dalla chioma arancione ridacchiò ripensando a quelle parole e Sumu sospirò di sollievo nel sentire quelle parole. Certo, erano entrambi ragazzi e non avrebbero potuto avere figli, ma Hinata poteva essersi inventato qualsiasi cosa, Sumu ormai lo conosceva molto bene e non se ne sarebbe stupito affatto: dopotutto il suo fidanzato era sempre pieno di sorprese, buone o cattive.

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    Hinata lavora da poco tempo in un cat cafè. Atsumu è un cliente abituale e finisce con il prendersi una cotta per il nuovo cameriere.



    "Bene, da oggi lavorerai qui con noi a pieno regime, Shoyo, complimenti."

    Hinata non poteva che dirsi davvero felice: amava gli animali, gli piaceva lavorare come cameriere e quel lavoro era capitato proprio a fagiolo in un momento un po' difficile della sua vita. Era in un bar che teneva dei gatti, i clienti potevano accarezzarli mentre si godevano la loro pausa caffè e al ragazzo faceva davvero piacere. Vi erano gatti di tutte le razze, uno gli assomigliava pure molto: aveva il pelo totalmente arancione, con delle strisce color panna ed era il suo preferito.
    Ancora non conosceva molto bene tutti gli avventori del bar, ma aveva notato un ragazzo alto, dai capelli doppio colore - oro e sotto neri - che sembrava fermarsi lì ogni giorno alla stessa ora: le 11 di mattina. Non aveva idea di quale lavoro facesse, ma probabilmente doveva essere vicino a lì e vi erano vari negozi, quindi gli era difficile farsi un'idea concreta.
    Fino a quel giorno non gli era stato concesso servirlo, ma quel giorno gli era stato affibiato proprio lui come cliente e sembravano voler testare come si sarebbe comportato con qualcuno di quel calibro.

    "Buongiorno e benvenuto al Cat Cafè Kuro. Cosa posso portarle da bere?" Sulle labbra di Hinata vi era fin dall'inizio un grande sorriso, mentre teneva in mano il pad per segnare l'ordinazione del ragazzo che nel frattempo stava accarezzando uno dei gatti. Era proprio quello che gli assomigliava, ora che vi faceva caso, e il suo sorriso si allargò maggiormente al solo pensiero.
    "Un mocaccino al latte di soia e dei vostri biscotti tipici." L'attenzione di Atsumu si era spostata sul cameriere, che doveva essere per forza nuovo, dato che non lo aveva mai visto prima, ma che già lo aveva stregato.
    "Perfetto, arrivano subito!"

    Hinata se ne andò dopo aver fatto un inchino e non ci volle molto tempo prima che tornasse da lui con l'ordinazione. Il proprietario gli aveva mostrato come creare un gatto 3D con la schiuma nella tazza e lui alla fine lo aveva riprodotto in modo molto fedele in quella che aveva appena portato a quel cliente.

    "Ecco qui il suo cappuccino al latte di soia e i biscotti della casa, tutto a tema gatti." Disse tutto con fare molto professionale, senza mai abbandonare il sorriso che lo caratterizzava costantemente. "Le auguro una buona permanenza qui." Se ne stava per tornare al bancone, ma venne fermato sempre da quel cliente, che evidentemente aveva altre richieste.
    "Posso... posso avere il tuo numero?" Atsumu si coprì la bocca imbarazzato appena si rese conto di ciò che aveva appena chiesto. "I-io... nulla, lascia stare, fai finta che non ho chiesto nulla." Non avrebbe dovuto dirlo ad alta voce, lo aveva solamente pensato! "Mi dispiace, non era nelle mie intenzioni chiedere una cosa simile."

    Sumu avrebbe voluto sprofondare nel terreno in quell'istante, ma il cameriere non sembrava particolarmente turbato da tutto quello. Fu invece molto cortese e si allontanò dal suo tavolo, tornando alla sua postazione, un po' imbarazzato. Non si sarebbe aspettato che qualcuno ci provasse con lui al suo primo vero giorno di lavoro. Quando arrivò il momento di pagare, Atsumu si avvicinò al bancone e lasciò della mancia extra ad Hinata, come a volersi scusare per il comportamento inaccettabile che aveva avuto non molto tempo prima.

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    Hinata trova una piccola volpe abbandonata in un cartone con scritto “adopt me” e decide di portarsela a casa.



    Hinata stava tornando a casa dopo aver lavorato in uno dei bar del paesino di montagna in cui viveva. Per tornare alla sua abitazione gli servivano quindici minuti da affrontare in bici, ma per lui non era mai stato un problema: gli piaceva fare sport e quel tempo non era nulla per lui. Gli piaceva tenersi in forma e tutti gli facevano spesso i complimenti per il suo fisico.
    Pedalava spensierato in salita su quella montagna, il respiro leggermente affannato mentre il sole spariva oltre l'orizzonte, lasciando lentamente spazio all'oscurità. Non ne aveva paura, ma sapeva che poteva essere pericoloso andare in bici in quelle condizioni, nonostante avesse montato le luci sulla sua bicicletta professionale. Era circa a metà salita quando con la luce anteriore illuminò una scatola al lato della strana: era aperta, vista così da lontano sembrava essere stata semplicemente abbandonata lì senza nulla, ma solo quando vi fu a lato sentì un lieve lamento. Frenò all'improvviso Hinata, appoggiando infine la bici sul cavalletto e si avvicinò alla scatola: era certo di ciò che aveva sentito, ma ora era curioso di sapere cosa fosse effettivamente quello che c'era dentro.
    La luce forte illuminava l'interno dello scatolone e il ragazzo si stupì non poco nel vedere cosa conteneva. Si trattava di un cucciolo di... volpe? Sembrava a tutti gli effetti una volpe, innocua per lo meno, che tremava per il freddo che faceva. Spostandosi davanti alla scatola notò una scritta su di essa: "Adottami" A quel punto Hinata sbattè qualche volta le palpebre, guardandosi attorno: chi poteva aver abbandonato lì quella piccola volpe innocente? Non era di certo un'animale domestico, ma era comunque un atto totalmente senza cuore. Allungò una mano per accarezzarne appena il muso e il volpino lo lasciò fare senza reagire in alcun modo. Sembrava avesse capito che lui non aveva cattive intenzioni, anzi...

    "Vieni a casa con me volpino. Non so chi sia stato ad abbandonarti in queste condizioni, ma così rischi solo di venire ucciso."

    Il ragazzo dai capelli arancioni prese lo scatolone tra le braccia e lo mise sul porta pacchi della sua bici, togliendosi la giacca per poter coprire il volpino: faceva davvero freddo e forse il giorno dopo si sarebbe ritrovato a letto con la febbre, ma ne valeva la pena. Osservò come il volpino si accoccolò sotto alla giacca e poi salì in sella, così da poter pedalare fino a casa con la massima attenzione.
    Non gli ci volle più così tanto prima di arrivare sull'uscio della sua abitazione e, dopo aver lasciato la bici in garage, prese la scatola, entrando in casa. Posò così la scatola in cucina, aprendo il frigorifero: cosa poteva dare da mangiare ad una volpe? Non ne aveva la più pallida idea, ma sicuramente della carne molto probabilmente. Ne posò un po' su un piatto macinandola con la forchetta e lo mise lì vicino al volpino, che si mise a mangiare come se non lo avesse fatto per giorni e giorni.

    "Mi prendo io cura di te, non temere piccolo volpino. Forse dovrei chiamarti Atsumu, è un bel nome dopotutto."

    Il volpino sicuramente non lo capiva, ma a Hinata non importava: era felice di poter essere d'aiuto a quell'animale che era rimasto indifeso in quella scatola per chissà quanto tempo.

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    Atsumu è un animagus e si intrufola nel Dormitorio di Grifondoro sotto forma di volpino per stare con Hinata



    Atsumu Miya era un ragazzo, studente al sesto anno alla scuola di Durmstrang. Era il Cercatore della squadra di Quidditch bulgara e voleva assolutamente partecipare al torneo Tre Maghi. Per quel motivo si era impegnato per venire scelto tra i rappresentanti della sua scuola per andare ad Hogwarts a parteciparvi.
    Miya Atsumu non era solo quello però: era anche un animagus e poteva diventare un bellissimo volpino dal pelo arancione e bianco. Era un vero e proprio volpino piccolo e doveva ammettere che non gli dispiaceva molto trasformarsi in esso. Da quando aveva visto quel ragazzo di Grifondoro, che aveva capito si chiamasse Shoyo Hinata, aveva avuto il desiderio di sgattaiolare nel suo Dormitorio per passare la serata e nottata con lui, ma c'era un unico problema: non poteva presentarsi nella sua forma umana. Doveva quindi trovare il modo di salire fino alla torre in versione volpino, senza farsi vedere. Sarebbe stato forse complicato, ma se provava ad andarci a sera inoltrata si sarebbe potuto nascondere nell'oscurità e seguire uno dei compagni del grifone per poter entrare nel suo stesso momento e sgattaiolare dove dormiva il ragazzo.
    Era ormai quasi Natale, sarebbero rimasti lì dato che il Torneo si protraeva oltre e, dopo la cena nella Sala Grande decise di provare ad andare nella loro biblioteca: voleva restarci un po' e poi seguire uno studente, tanto ne aveva già adocchiato un paio che erano entrati in biblioteca prima di lui. Si aggirò per qualche ora nelle varie sezioni della biblioteca e solo quando erano ormai quasi le dieci di sera decise di trasfigurarsi e seguire l'ultimo ragazzo Grifondoro che era rimasto là dentro. Per non farsi vedere sfruttò molto l'oscurità che vi era mentre camminavano e alla fine fu il primo a passare oltre il ritratto della Signora Grassa, sgattaiolando così nella Sala Comune. Si guardò con attenzione attorno, ma non notò il ragazzo: era forse già andato a dormire? Non sapeva la sua routine serale, ma poteva ben essere che fosse già sotto le coperte anche solo a leggere o fare qualsiasi altra cosa.
    Guardò le due scale che, evidentemente, portavano ai dormitori maschili e femminili, ma non aveva idea di quale fosse quello giusto, quindi dovette aspettare che qualcuno salisse per poterlo seguire. Non c'erano molti studenti lì a quell'ora ma l'occasione non ci mise molto ad arrivare e alla fine riuscì a sgattaiolare fino al letto da cui vedeva spuntare quell'inconfondibile chioma arancione.
    Le tende del letto a baldacchino erano tirate e arrivavano fino al pavimento, quindi infilarsi tra esse non gli prese molto tempo. Posò poi il muso sul letto di Hinata e lo osservò mentre era fisso a leggere un articolo sul Quidditch: non si era minimamente accorto di lui.
    Decise di attendere qualche minuto, ma non avendo un riscontro decise di colpirlo al braccio con il braccio. Hinata finalmente si girò e fece un lieve salto per lo spavento: cosa ci faceva una... volpe vicino al suo letto? Si guardò attorno, ma apparentemente nessuno dei suoi compagni si era accorto dell'animale insolito lì dentro... Che fosse un Animagus? Non gli veniva però in mente nessuno che diventasse un volpino, a parte...

    "A-Atsumu Miya?"

    Chiese a voce bassa, non credendo ai suoi occhi: era il suo idolo, quindi sapeva pure quello, sì. Notò la volpe fare cenno di sì e poi notò lo sguardo che stava facendo: sembrava implorarlo di fare qualcosa, ma non capiva cosa. Alzò leggermente la coperta e la volpe annuì di nuovo, quindi Hinata scostò del tutto le coperte, permettendo così al volpino di mettersi vicino a lui.
    Gli accarezzò un po' il pelo mentre Atsumu non sembrava voler tornare umano e voleva solamente godersi quelle carezze, ma sapeva di dover tornare normale prima o poi. Lo fece solo quando furono sicuri che tutti si erano addormentati, cosicché nessuno lo potesse vedere.

    "Come sei entrato qui?" Chiese Hinata infine in un sussurro, nascosto sotto le coperte assieme all'altro Cercatore.
    "Ho seguito un tuo compagno in versione volpino e sono riuscito ad intrufolarmi qui senza problemi. Volevo passare la nottata con te, quindi ho rischiato un po' ma sono qui con te ora e nulla ha più importanza." Lo aveva detto come se fosse la cosa più normale di tutte, ma gli era piaciuto fare quello, soprattutto perché ora poteva stare lì e non aveva importanza se il suo preside lo avrebbe scoperto e il giorno dopo si sarebbe beccato una ramanzina.

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    Hinata è un Puk (mitologia norrena) e viene salvato da domatore!Atsumu, diventando così il suo nuovo draghetto domestico

    Erano svariati giorni ormai che la porta di quella casa non veniva aperta: i proprietari erano morti in un incidente due giorni prima e nessuno era ancora andato lì per prendersi gli averi degli anziani che ora non c'erano più. Quelle due persone erano sempre state molto gentili con Hinata: era un Puk, un draghetto domestico e, da quando lo era diventato per quella coppia non aveva fatto altro che portare loro varie cose che aveva rubato in giro. Il draghetto se ne stava sempre disteso sul davanzale della finestra della camera padronale, nella vana attesa che qualcuno arrivasse a liberarlo: non riusciva ad uscire dalla casa da solo e stare lì dentro iniziava ad essere pesante per lui, soprattutto contando il fatto che non c'era più da mangiare non solo per lei, ma in generale. Probabilmente i due anziani quando erano morti stavano andando a prendere cibo da qualche parte, ma alla fine non erano più tornati e lui era stato abbandonato lì. Non sperava più di sentire quella porta al piano di sotto aprirsi, ma finalmente accadde: qualcuno doveva essere arrivato per controllare lo stato della casa o gli averi, non aveva importanza, Hinata doveva approfittarne per andarsene di lì prima che fosse troppo tardi.
    Sarebbe stato difficile per lui sopravvivere allo stato brado, abituato come era a vivere in casa, quindi doveva trovare in fretta un altro proprietario, altrimenti sarebbe sicuramente morto nel giro di poco tempo. Volò fuori da quella casa e si addentrò nel bosco che la circondava: si sentiva un po' indebolito e per quel motivo cercava di tenersi basso nel volare, così da non fare un estremo capitombolo per terra. Aveva la fame che lo accecava e le sue piccole ali, il suo piccolo corpo facevano solo male. Notò una piccola roccia su cui si sarebbe potuto appollaiare e riposare, sperando di riuscire a prendere qualche animaletto selvatico, ma nel cercare di atterrare finì solamente col farsi male a causa della debolezza. Un dolore lancinante attraversò la sua ala destra e un lamento sfuggì dal suo muso, mentre chiudeva gli occhi dolorante.
    Non ebbe idea di quanto rimase lì disteso in quel bosco, circondato solo dagli alberi e dal fruscio delle loro foglie, ma alla fine sentì qualcuno prenderlo tra le mani: non aveva idea di ciò che volesse fargli, ma non aveva la forza per reagire.

    "Un puk ferito...? Cosa ci fai qui?"

    Atsumu era un allenatore di draghi e ne conosceva tutte le specie: quando si era trovato davanti quel piccolo drago arancione con un'ala rotta aveva capito subito che era uno di quelli domestici. Ovviamente non ricevette risposta, dato che quelle creature non potevano parlare come gli umani, ma lo prese delicatamente tra le mani, osservandolo più da vicino.
    Era palese quanto fosse debole, forse era rimasto senza cibo per del tempo... Aveva sentito di una coppia di anziani morti, era stato forse il suo draghetto domestico? Qualunque fosse la sua storia doveva assolutamente portarlo a casa e guarirlo, o in quelle condizioni difficilmente avrebbe superato la notte.

    "Non avere paura, ti porto in un posto sicuro e ti curerò l'ala. Potresti anche diventare il mio puk."

    Atsumu gli parlava come se fosse un essere umano, come se quel draghetto potesse davvero capirlo, ma sapeva che non era così. Erano creature molto diverse da loro e non potevano nè parlare, nè capire la loro lingua. Lo vide però rilassarsi e quindi si incamminò sulla via di casa, che non era poi così lontana da lì, solo dalla parte opposta di quella foresta. La conosceva letteralmente a memoria, non c'era nessun segreto per lui lì e sapeva bene anche tutti gli animali che la abitavano: per quel motivo si era stupito nel trovarvi quel Puk ferito e allo stremo delle forze.
    Appena arrivarono nella sua dimora, Atsumu si diede da fare nel sfamarlo e cercare di mettergli a posto l'ala: avrebbe impiegato del tempo a guarire del tutto, ma non era così grave da non farlo più tornare a volare per fortuna. Atsumu fu più che felice nel vederlo migliorare di giorno in giorno e, man mano che il tempo scorreva, finiva col trovare sempre dei piccoli regalini sul tavolo della cucina, sul cuscino vicino alla sua testa, oppure sul comodino vicino al letto. Dopotutto quel tipo di draghi era un ammassatore di tesori e Hinata voleva assolutamente sdebitarsi con quell'uomo per avergli dato una nuova casa, una nuova vita e nuova speranza. Quell'uomo era stata una manna dal cielo: se non lo avesse trovato ora sarebbe stato bello che morto in pasto a qualche altro drago, invece aveva un nuovo proprietario che lo trattava bene e si occupava di lui come doveva, come quella coppia aveva fatto in precedenza finché ne era stata in grado. Se avesse saputo parlare gli avrebbe detto a voce quanto gli era riconoscente, ma tutto ciò che poteva fare era solo ripagarlo con ciò che rubava per lui e cercava sempre di prendere le cose che gli sembravano avere più valore tra tutte quelle che trovava nei suoi voli al di fuori di quella che era la sua nuova casa.

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    Atsumu è un näcken e attira baby!Hinata a lui, uccidendolo con una lama che esce dal suo violino.

    Erano passati troppi giorni da quando Atsumu aveva avuto il piacere di poter uccidere una donna o un bambino. Lui era un näcken, nome che aveva sentito urlare a qualcuno mentre stava per ucciderlo, uno spirito d'acqua che suonava musiche incantate con il violino.
    La voce doveva essersi sparsa e quindi nessuno sembrava più avvicinarsi lì: doveva quindi cambiare posto, un fiume vicino ad un villaggio dove nessuno sapeva della sua esistenza. Sospirò e sparì da lì, spostandosi più a nord da lì, superò svariati villaggi risalendo quel fiume, fino a raggiungere un posto disperso nelle montagne: lì di sicuro le voci a suo riguardo non erano arrivate. Anche se era in alto, vi era un lago e quello era il posto migliore per lui: avrebbe potuto facilmente far annegare le sue vittime lì dentro, senza dover sporcare la lama che era nascosto nel suo violino.
    Si divertiva a suonare quella musica che poteva essere sentita solamente dalla sua vittima e che finiva con l'attirarla inevitabilmente verso di lui, verso il fiume o lago, in quel preciso caso. Quello specchio d'acqua sembrava essere molto gettonato dalle persone, dato che era estate, ma ci vollero dei giorni prima che trovasse qualcuno che voleva uccidere. Si trattava di un ragazzino, non avrà avuto più di dieci anni, sembrava sveglio, aveva capelli corti arancioni e occhi marroni. Andava lì sempre da solo, senza la supervisione di nessuno, se ne stava completamente per conto suo ma si divertiva in ogni caso nell'acqua poco cristallina del lago.
    Fu in un giorno di metà luglio che decise di attuare il suo piano: si sedette su una delle rocce che circondavano il lago, dalla parte opposta a dove iniziava a nuotare il ragazzo, in modo che il fondale fosse bello profondo. Lo aveva visto arrivare fino più o meno dove si era appostato, ma lì non toccava e un giorno aveva quasi avuto un attacco di panico nell'accorgersi che non era in grado di toccare con i piedi. Sospirò Atsumu e prese il violini, iniziando così a suonare una delle musiche che dedicava sempre ai ragazzini per attirarli a sé; era come una sorta di ninna nanna, posta ad addormentarli e condurli contro il loro volere verso di lui, fino a farli arrivare dove non potevano più tornare indietro e la morte finiva con il sopraggiungere nel giro di pochi minuti. Certi erano fortunati e morivano velocemente, altri finivano con il risvegliarsi dalla transe e venire sgozzati agonizzando. Di solito teneva gli occhi chiusi mentre suonava, ma voleva essere sicuro che quel ragazzino stesse arrivando, attratto dalla sua melodia. Teneva gli occhi puntati su di lui che mano a mano si allontanava sempre di più da riva, nessuno che lo fermava - forse perché sapevano benissimo che sarebbe tornato, ma non sapevano che non lo avrebbero più rivisto. -

    "Bravo ragazzino, vieni qua da zio Sumu."

    Quando fu vicino a lui Atsumu allungò una mano verso il volto e ghignò: il ragazzino uscì dalla trance, ma non ebbe il tempo di rendersi conto di dove fosse arrivato, che lo spirito gli tagliò la gola con un movimento deciso della mano e della lama che aveva in essa.

    "Mi dispiace piccolo, ora sei più bello così. Gli umani non ti meritavano davvero più."

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    Atsumu è un Näcken e va a vivere con Hinata vicino ad un lago, così non si dovranno mai separare per troppo tempo.

    Atsumu era riuscito ad attirare un ragazzo fino a lui: tornava lì ogni giorno alla stessa ora e non si sentiva mai di ucciderlo. Quell'Hinata - il ragazzo gli aveva rivelato il suo nome una delle tante volte in cui si era avvicinato a lui - era attraente e sicuramente anche lui trovava così lui che era un fossegrim, non un umano.

    "Sumu-san..." Quel giorno Hinata si era appoggiato ad uno dei sassi ai bordi del lago ed aveva ascoltato la sua melodia per lo più in silenzio, perso nei suoi pensieri.
    "Mh? Cosa c'è Shoyo?" Non era mai così intimo con gli umani, ma lui era diverso e aveva deciso da molto tempo di non ucciderlo.
    "Non so come dirtelo, ma ho pensato spesso a questo negli ultimi giorni." Hinata teneva lo sguardo fisso al suo riflesso nell'acqua, mordicchiandosi il labbro inferiore. "Io... mi sono innamorato di te." Chiuse gli occhi con forza: non voleva vedere l'espressione di quello spirito e temeva che fosse pessima. Magari gli avrebbe riso in faccia, o avrebbe deciso che era arrivato il momento di ucciderlo. Non sentì però nessuna risata, né alcuna lama andare a ferirlo e fu per quel motivo che si fece forza e aprì almeno un occhio.
    "..." Atsumu aveva addirittura smesso di suonare il violino, tanto era stupito da quelle parole. Lo trovava attraente, sì, ma non si sarebbe immaginato fino a quel punto. "Non... non sono abituato a sentire certe parole, quindi non so bene cosa rispondere, cosa vi dite voi umani." Si sentiva totalmente in imbarazzo, ma forse si sarebbe sentito meglio suonando una canzone. "Perdonami se sono solo in grado di esprimermi con la musica."

    Riprese a suonare, questa volta una melodia felice, romantica e Hinata sembrava totalmente preso da essa. Atsumu si sentiva stranamente sollevato in tutto quello e forse poteva anche concedere di andare a vivere con lui. Dovevano però restare vicino all'acqua, o per se stesso non sarebbe stato facile sopravvivere e alla fine si sarebbero dovuti separare di nuovo. Smise di suonare a melodia finita e si avvicinò a lui, posando una mano sulla sua guancia: anche se era uno spirito, era mutaforma, quindi in quel momento aveva un aspetto completamente umano e il suo tocco poteva essere sentito dal ragazzo dai capelli arancioni.

    "Non so cosa tu sappia dei Fossegrim come me, però... Ti sei innamorato di me e quindi posso accettare di venire a vivere con te. Se vuoi ovviamente." Stava forse accelerando tutto? Non era abituato a situazioni simili. "C'è una sola condizione però: dobbiamo abitare vicino ad una fonte d'acqua come un lago, un ruscello o un fiume, altrimenti diventerò abbattuto se sto troppo lontano da una fonte d'acqua."

    "...!" Il cuore di Hinata aveva iniziato a battere come un pazzo e le sue gote si erano colorate di un rosso acceso a quella domanda. "Beh, casa mia è vicino al fiume, a... a me farebbe piacere! Sono davvero innamorato di te e se questa è la condizione beh, è già risolta."

    Il sorriso genuino di Hinata fece sorridere lo spirito che annuì alle sue parole, seguendolo così fino a casa sua: era una palafitta, non troppo grande, ma nemmeno così piccola da non poterci stare in due. Ora sarebbero potuti restare assieme per sempre e Atsumu non avrebbe più infestato il lago lì in cima a quella montagna non troppo alta, verso il quale si avventuravano davvero molte persone, attratte dalla bellezza della natura che c'era lì.

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    Hinata è un attore. Atsumu viene costretto ad andare a vedere la prima di un suo spettacolo. Nonostante Atsumu odi il teatro, da quel giorno va sempre agli spettacoli fatti da Shoyo.

    "Dai 'Tsumu, se non ti dai una mossa arriviamo in ritardo alla prima di quello spettacolo teatrale! Lo sai quanto ci tengo e sono sicuro che piacerà anche a te alla fin fine."

    Atsumu sbuffò pesantemente alle parole del gemello: Osamu sapeva benissimo quanto cose simili non gli interessassero minimamente, ma quello era il giorno del LORO compleanno e prima lo avevano passato dove aveva voluto lui, ora spettava a Sumu seguire il gemello. Non voleva di certo rovinargli la serata, ma ancora non capiva perché l'altro si fosse impuntato così tanto che dovevano andare a teatro, sapendo che lui lo odiava.

    "Arrivo, arrivo."

    Finì di mettersi a posto la cravatta - o per lo meno cercò di farlo - e scese dal fratello che rise nel vedere come era vestito: per Osamu era strano vederlo così, ma gli faceva piacere notare come si fosse impegnato per tutto ciò. Gli si avvicinò solo per aggiustargli la cravatta e, solo dopo averlo fatto, uscirono finalmente di casa. A differenza del gemello, Osamu andava a vedere rappresentazioni teatrali e l'attore che avrebbe recitato in quella era uno dei migliori che avesse mai visto fino a quel momento. Sapeva calarsi molto bene nei suoi ruoli, poteva dire che, da patito di rappresentazioni teatrali non aveva mai visto qualcuno bravo come lui.
    Quel ragazzo rispondeva al nome di Hinata Shouyou ed era impossibile non riconoscerlo data la sua chioma arancione che era impossibile da non riconoscere.
    Si erano presi il lusso di mettersi nella loggia - dopotutto era il loro compleanno, dovevano pur sempre viziarsi in qualche modo, no? - e dopo essersi seduti sulle sedie, Atsumu si guardò un po' attorno. Il teatro si stava mano a mano riempiendo di persone, segno che evidentemente quegli attori dovevano essere davvero degni di nota, o era ciò che sarebbe stato rappresentato che suscitava così tanto interesse? Non che a lui interessasse più di tanto: era lì solo per fare felice il suo gemellino, mica per altro. Sospirò appena e, appena le luci si spensero, posò lo sguardo sul palco: dopo la breve introduzione da parte di colui che sembrava essere la voce fuori campo, le prime scene iniziarono e, stranamente, Atsumu si sentì rapito da esse.
    Era strano che degli attori che interpretavano qualcosa lo colpissero così tanto, ma c'era qualcosa in quel ragazzo dai capelli arancioni - che a quanto sembrava interpretava il ruolo del protagonista - che lo colpì particolarmente.
    Forse era la sua bravura nel recitare, nel dare voce alle emozioni che il suo personaggio provava, che fosse felicità, tristezza, dolore... Forse era anche il suo modo di agire in ogni situazione, dettato sì da ciò che era scritto nel copione, ma era tutto spontaneo, quell'attore non sembrava un automa che faceva tutto senza un minimo di passione.

    “Non è vero che l’oblio non esiste. La testa seleziona, fa archivio continuamente e molto scarta. Fa spazio, compatta. Magari non elimina del tutto ma comprime in un formato illeggibile. Anche se ti sforzi non trovi la chiave, non lo puoi decifrare più.”

    Hinata, quello era il nome dell'attore, era in piedi, completamente solo sul palco, stava recitando quello che ad Atsumu sembrava un monologo, ma probabilmente non lo era, eppure ne era completamente affascinato. Osamu, nel vedere il gemello così preso rise sotto i baffi, irritando un po' l'altro.

    "Te l'avevo detto che avresti cambiato idea, 'Tsumu, dovresti ringraziarmi per averti portato qui."

    Atsumu arrossì appena a quelle parole, mettendo un broncio. "Pft, solo perchè quell'attore è davvero molto bravo, mica per altro, eh."

    Eppure da quel momento in poi il teatro era diventato la sua ossessione, o meglio: gli spettacoli teatrali con Hinata Shouyou come attore. Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe appassionato così tanto al suo modo di recitare, ma da quel giorno era Atsumu stesso ad invitare Osamu alle prime degli eventi teatrali e non il contrario. Per Osamu non era un problema, anzi: era felice che il suo gemello si fosse finalmente interessato a qualcosa di intellettuale, una volta nella sua bella vita.

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