Arianna Writes

Posts written by catching_hearts

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    Promesse



    "Lo scorso Natale ti ho dato il mio cuore, ti ho detto il fatidico sì, non me ne sono pentito mai da quel momento e mai succederà."



    Luka era in vena romantica in quel momento, mentre osservava la fede che portava al dito: lui e Carlos si erano sposati due mesi prima, dieci mesi dopo quel fatidico "sì". Intrecciò una mano in quella del suo alpha, inclinando leggermente la testa all'indietro per dargli un bacio sul mento.


    "Quel giorno mi hai reso l'uomo più felice del mondo, grazie per tutto ciò che abbiamo passato assieme fino a ora e per tutto ciò che succederà in futuro. Cercherò di essere il marito che meriti e un buon padre per eventuali nostri figli."



    Dato il suo passato, Carlos non era molto sicuro che ci sarebbe riuscito, ma sarebbe stato felice se Luka fosse rimasto in dolce attesa.

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    Il tepore del caminetto e una cioccolata calda



    Mancavano dieci giorni alla nascita del loro figlio, era appena il tre novembre in quel momento, ma a Berlino il freddo invernale già si faceva sentire. Luka era seduto sul divano, una mano ad accarezzare il pancione, mentre Carlos fischiettava e preparava della cioccolata calda per entrambi.



    "Quanto siamo agitati, eh piccolo?" Chiese l'omega al bambino che stava crescendo in lui da ormai nove mesi. Ovviamente non ricevette risposta se non un calcio contro la mano e non riuscì a trattenere una risata.

    "Ecco qua le cioccolate calde. Perché ridi?" Per Carlos era sempre stupendo vedere il fidanzato allegro e faceva di tutto per farlo sentire amato.

    "Il nostro piccolo oggi è particolarmente agitato. Quando gliel'ho fatto notare mi ha dato un calcio nel punto esatto dove avevo la mano."



    Trovava quella cosa alquanto divertente, mentre prendeva la tazza di cioccolata fumante che gli porgeva Carlos. Lo spagnolo si sedette infine accanto a lui, davanti al tepore del caminetto acceso, coccolando il suo Omega e loro figlio, come si addiceva ad un alpha come lui.

    Era sempre stato molto attento ai bisogni di Luka e ora più che mai lo viziava, forse anche troppo a volte.



    "Ti amo."



    Fu un sussurro da parte di entrambi, ma venne detto contemporaneamente mentre sorseggiavano la bevanda, in un quadro di carezze e dolcezza.

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    Edited by catching_hearts - 10/12/2020, 21:45
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    Divertimento dopo la nevicata



    Berlino era innevata, la neve candida si era posata sulle strade, sull'erba, donando alla città un'atmosfera magica. Dopo aver vestito a cipolla Angél Matej, Carlos e Luka uscirono dalla Gaming House, andando al parco che c'era non troppo lontano da lì.

    Guanti alle mani, si misero a raccogliere tutti assieme delle palle di neve, che avrebbero poi sovrapposto una all'altra, per formare un bel pupazzo di neve.



    "Voglio mettere la carota!"



    Esclamò il bambino tutto eccitato quando ebbero finito. Luka sorrise e lo prese tra le braccia, permettendogli di mettere l'ortaggio poco sotto i bottoni che avevano messo come occhi. Non era dei migliori, ma non importava: avevano passato del tempo assieme, divertendosi e ridendo.

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    Edited by catching_hearts - 10/12/2020, 21:47
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    Tradizioni



    Camminare per le strade di Berlino durante il periodo natalizio era stupendo: la città, a volte innevata, era illuminata dalle varie luminarie natalizie, vicino alla Porta di Brandeburgo si ergeva l'immenso albero di Natale. L'atmosfera che si poteva respirare lì era particolare, ma soprattutto magica e non c'era niente di meglio che saggiarla con il proprio amato.

    Ancora più bello era invece poter passeggiare per quelle strade con un passeggino, in cui vi era il frutto del loro amore. Ed era proprio quello che c'era in quel momento: Luka e Carlos passeggiavano mano nella mano davanti alla Porta di Brandeburgo, con l'altra tenevano entrambi il passeggino dove dormiva il piccolo Angél Matej. Erano diventati genitori da relativamente poco - appena un mese - e si potevano considerare la coppia più innamorata e felice del mondo in quel momento.


    "Facciamo una foto ricordo qui, poi ogni anno che passa in questo preciso posto, così vediamo la crescita di Angél Matej da Natale al successivo."


    Luka aveva avuto una splendida idea, non c'era che dire così, circondati dalle luminarie di Natale e con il figlio in braccio, si fecero scattare una foto, dove entrambi davano un bacio sulla fronte del piccolo, sorridendo alla fotocamera. Farlo ogni sarebbe stato speciale, avrebbero avuto uno splendido ricordo e il piccoletto in futuro avrebbe potuto vedere come fosse cresciuto negli anni.

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    Biscotti



    Nella cucina vi era un buon odore di biscotti: Angèl Matej si trovava davanti al forno e osservava con occhioni grandi cosa vi era all'interno.



    "Papà, quando sono pronti i biscotti?" Li aveva fatti assieme a Perkz, ma evidentemente non sapeva aspettare.

    "Manca ancora un minuto, ma poi dobbiamo anche aspettare che si raffreddino, o ci scorgiamo la lingua."



    Il figlio era la cosa più bella che gli fosse capitata e proprio come lui, non sapeva mai attendere. Gli scompigliò con amore i capelli, tirando fuori infine i biscotti dal forno, con l'uso delle presine.

    Erano stupendi, dorati al punto giusto, di varie forme come il logo dei G2, pupazzi di neve, stelle, omini di pan di zenzero...



    "Posso assaggiarne uno? Per favore..." Angèl Matej sapeva benissimo come vincere l'approvazione dei genitori: facendo gli occhioni dolci.

    "..." Ah, Luka odiava essere così debole a quelle espressioni. "Va bene."



    Fuori dalla finestra nevicava molto, ma a loro non importava: erano al caldo, con i biscotti appena fatti e la tenerezza nell'aria.

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    Facendo l'albero



    "Chi vuole mettere per primo il puntale sull'albero?"



    Chiese lo spagnolo appena ebbe montato l'albero. Ovviamente Angél Matej fu molto veloce nell'alzarsi e cercare di raggiungerlo, ma si ritrovò ad inciampare nella ghirlanda oro. Invece di cadere come un salame, delle braccia possenti lo accolsero tra di esse, stringendolo al suo petto.



    "Così rischi di farti male, vieni qui."



    Il tono di voce di Ocelote era tenero, mentre guardava il figlioletto con un sorriso. Con una mano tolse la ghirlanda, mentre con l'altra gli passava il puntale. La manina del bimbo si allungò a prenderlo e lo tenne stretto, mentre il padre lo metteva sulle spalle: ora sì che poteva mettere quell'addobbo.



    "Fatto!"



    il piccolo Angél Matej battè le mani tutto felice e, appena fu messo di nuovo con i piedi a terra, iniziò a mettere le palle di Natale. Alcune avevano il logo dei G2, altre dei disegni natalizi... Angél Matej amava quel periodo dell'anno, soprattutto se fuori nevicava, proprio come in quel momento. Luka e Carlos si occuparono invece delle ghirlande e le luci, oltre a mettere altri addobbi vari, passando così tutti assieme un bel pomeriggio all'insegna dell'amore verso gli altri e la tenerezza dei baci.

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    Amore non corrisposto



    Rekkles era arrivato da poco agli Fnatic, eppure c'era stato un compagno che subito aveva destato il suo interesse: era il loro mid laner, Enrique, un ragazzo di diciannove anni. Era molto gentile, il suo fisico era perfetto e - nella sua innocenza di quindicenne - Martin si era innamorato di lui.

    Non era però facile per lui cercare di confessarsi allo spagnolo: era ancora piccolino, mentre l'altro era maggiorenne e chissà cos'avrebbe pensato di lui se glielo avesse confessato. Il tempo passava, il primo Natale si avvicinava sempre di più ed era strano per Rekkles essere lì con altri quattro ragazzi a scambiare i regali di Natale.



    - Ogni anno chiedo cose sempre diverse, ma ora so cosa vuole il mio cuore da te. -



    Si ritrovò a pensare Martin, mentre cercava le parole e il coraggio per dire a Enrique che lo amava.



    "Peke... io, credo di provare qualcosa per te." Erano da soli, nella stanza dello spagnolo, e Rekkles non riusciva a guardarlo in faccia per l'imbarazzo.

    "... Martin... io amo un altro ragazzo, non potrò mai ricambiare i tuoi sentimenti." A Peke dispiaceva quella situazione, però non era giusto dargli false speranze.



    Fu da quel giorno in poi che il piccolo Rekkles iniziò a trovare petali di garofano rosso sul cuscino: hanahaki disease, l'amore non corrisposto.

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    Prima vacanza



    Quella era la prima vacanza che avrebbero fatto come famiglia: il piccolo Angél Matej aveva appena cinque mesi, ma era ora di presentarlo di persona anche ai genitori di Carlos. I parenti di Luka invece, avevano già avuto il modo di vederlo quando erano andati a trovarli due mesi prima. La loro sarebbe stata una vacanza di due settimane, l'avrebbero passata a Madrid, una città a dir poco stupenda.

    Luka era felice che sia la sua, sia la famiglia di Ocelote li avesse accettati molto velocemente e quando avevano saputo del nipotino beh... erano andati in visibilio.



    "Hola queridos!" La madre era sulla soglia della porta, mentre Luka e Carlos scendevano dalla macchina con cui il padre del maggiore li aveva portati fin lì.

    "Hola mamà, che bello rivederti!" Carlos andò ad abbracciarla, erano due mesi che non si vedevano se non su face time o skype.

    "Ciao anche a te Luka, mi siete mancati moltissimo. Dov'è il piccolo Angél Matej, bello di nonna?" Luka lo aveva nella fascia, il bambino dormiva dopo il viaggio, ma il croato si girò così da mostrarne il visino alla futura suocera.

    "Oh mamma mia, è stupendo! Ha pochi mesi, ma si vede che ha preso molto da entrambi."



    Gli occhi della nonna brillavano, quella vacanza sarebbe stata stupenda, all'insegna delle coccole, visite varie a Madrid e semplici momenti in famiglia. Un momento perfetto per rilassarsi, senza il pensiero del lavoro, ne avevano bisogno.

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    Secret Santa



    Il Natale era tornato e come da tradizione, ai G2 c'era il consueto Secret Santa. Le accoppiate che erano venute fuori non erano nemmeno troppo male, eh, per i ragazzi non era stato molto difficile trovare qualcosa per il partner, serio o meno che fosse.



    "Dato che ci siamo tutti, direi che possiamo aprire le danze." Proclamò Jankos, il quale era stato proprio lui ad avere l'idea di quella tradizione, appena era entrato nella squadra. "Inizio con il dare il mio regalo. Buon Natale, Rasmus." Il polacco porse un piccolo regalo al danese, sorridendo.



    Aprirlo non fu un'impresa, ma il contenuto fece arrossire non poco Rasmus: era un perizoma rosso con la faccia da renna frontalmente. Tutto quello era davvero troppo imbarazzante e insomma... avrebbe preferito non doverlo mostrare. Un po' odiava Jankos per quello, ma poteva immaginare per quale motivo lo avesse fatto.

    "Uh... grazie...? Lo uhm... Apprezzo."

    Non era in grado di fingere, però alla fin fine non era male come regalo, avrebbe potuto stuzzicare Wunder e Jankos glielo aveva regalato forse proprio per quell'esplicito motivo. Furbo il polacco.

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    Desideri



    - Caro Babbo Natale,

    quest'anno sono stato un bambino molto bravo: sono andato tutti i giorni all'asilo, non ho picchiato i miei compagni, ho fatto il bravo con lo zio Duffmann e tante altre cose. Papà Carlos può confermare che sono stato un angioletto!

    Signor Babbo Natale, non sono un ragazzino esigente, quest'anno non voglio giochi. Preferirei che papà Luka potesse tornare qui in Germania e passare tutti e tre assieme questa bellissima festa.

    Angél Matej -



    Carlos aveva messo a letto il piccolo Angél, dopo che il bambino era stato tutto il pomeriggio a scrivere la letterina per Babbo Natale. Lui non aveva mai guardato cosa stesse scrivendo suo figlio, ma ora che doveva "inviare" quella lettera, era curioso.

    Poteva immaginare che Angél Matej avesse detto solo alcune parole e le maestre avessero poi formato quella letterina, però gli dispiaceva un sacco. Vedeva ogni giorno come il figlioletto soffrisse della lontananza del padre e odiava non poter fare niente per tirargli su il morale. Ovviamente sentirlo su Skype ogni giorno non era la stessa cosa che averlo lì di persona. Decise di fare una foto e mandarla al proprio ragazzo, sospirando appena: Luka mancava molto pure a lui e con il passare degli anni si pentiva un pochino di averlo lasciato andare. Lo aveva fatto però per il suo bene, perché era un suo desiderio e per non dover mandare via Rasmus.


    - Guarda cosa vorrebbe Angél Matej per Natale. Manchi tantissimo ad entrambi. ♥ -


    Provò anche a chiamarlo su skype, non era sicuro se stesse giocando o cosa stesse facendo, ma voleva sentirlo e a Los Angeles era appena mezzogiorno a quel punto.


    "Buongiorno querido, come stai?" Era felice di poterlo sentire, poi Luka aveva accettato subito la chiamata.

    "Hola querido, molto bene, tu invece? Angél Matej è a letto immagino, vero?" Il croato aveva un sorriso enorme sulle labbra: era riuscito a prenotare un volo per tornare da loro per Natale, ma voleva che fosse una sorpresa per entrambi.

    "Tutto bene, grazie. Sì, l'ho messo a letto, ma potrebbe svegliarsi perché ha il sonno agitato oggi. Hai visto la letterina che ha scritto assieme alle maestre all'asilo?" Aveva la sensazione che il piccoletto potesse avere un qualche problema al pancino in quel momento, ma non ne era sicuro.

    "Non sta bene? Comunque sì, è super tenero. Posso solo dirti che sto cercando di trovare un modo per rientrare, ma non sono sicuro di riuscirci. Non dirgli niente però, voglio che - in caso - sia una sorpresa." Luka teneva molto al fatto che Carlos mantenesse il possibile segreto.

    "Papà... il pancino..." Angél Matej era apparso sulla soglia della cucina, il suo peluche preferito in mano, stretto al petto, mentre si stropicciava un occhio.

    "Vieni qui... tra poco vieni con me nel lettone e ti faccio una boule dell'acqua calda." Carlos si alzò e lo prese in braccio, portandolo dove aveva il pc. "C'è qualcuno qui in chiamata, che ti farà sicuramente piacere sentire." Gli accarezzò piano la schiena, facendo così anche girare il figlio verso lo schermo del computer.

    "Papà...!" Un sorriso enorme si formò sulle sue labbra, sentendosi già un po' meglio nel vedere Luka.

    "Ciao ometto, hai mal di pancia? Mi manchi tantissimo." Il croato era un po' preoccupato per la salute del figlio e avrebbe tanto voluto essere lì con loro in quel momento, per abbracciarlo.

    "Sì... mi dà un po' fastidio, ma sono sicuro che passerà presto! Non ti devi preoccupare, sono un uomo forte io!" Gli dava fastidio da un po', ma questo non voleva dirglielo.

    "Sei nostro figlio, sono orgoglioso di te. Ma dimmi... cosa vorresti per Natale? Hai chiesto qualcosa in particolare a Babbo Natale?" Fece finta di nulla, voleva sentire certe parole dalle sue labbra, poi si sarebbe sentito felice e avrebbe reso quella giornata ancor più bella.

    "Una sola cosa ho chiesto: tutto ciò che voglio per Natale, sei tu, papino!" L'aveva quasi urlato, però ci teneva davvero a farglielo capire. "Sarebbe un regalo stupendo se tu riuscissi a rientrare e passare il Natale con noi. Non voglio davvero altro."

    "..."

    Luka non disse nulla, anche se a quelle parole era stato molto combattuto sul confessare che aveva comprato il biglietto per l'aereo. Non era giusto nei suoi confronti, però doveva davvero essere una grande sorpresa. Gli avrebbe preso qualche regalo lì in America, qualche gioco, libro con illustrazioni di cavalli... Anche se aveva un solo desiderio, ma non lo poteva lasciare completamente a mani vuote, no?

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    Drago Orientale



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    Emozioni



    Erano passati ormai due anni da quando Perkz se ne era andato in Nord America: aveva lasciato i suoi ex compagni, il suo fidanzato nonché suo alpha, suo figlio. Si vedevano appena potevano e per quel Natale era stata la sua famiglia a raggiungerlo a Los Angeles per festeggiare il Natale assieme, mentre l'anno precedente era tornato lui a Berlino.

    Luka era felice di poter vederli in quei giorni di festa, a parte nella off-season, si vedevano solamente su Skype.



    "Papà, papà, ha nevicato!" Angél Matej era saltato nel loro letto tutto eccitato, appena aveva visto il manto bianco che ricopriva il vialetto. Era la prima volta che la vedeva, dopotutto a Berlino era raro che nevicasse. "Andiamo a giocare fuori, venite!"

    "Piccolo, facciamo colazione e poi usciamo, va bene?" Carlos sbadigliò appena: erano le nove di mattina, ma sentiva ancora l'effetto del jet lag. Si chiedeva come fosse possibile che il loro figlioletto non ne sentisse il peso, ma era meglio così.

    "Va bene...! Vado a preparare il tavolo, venite però." Mise un piccolo broncio a entrambi, per poi scendere dal letto e uscire dalla stanza.

    "Direi che è meglio non farlo aspettare, o presto tornerà a lamentarsi."



    Commentò Luka ridacchiando e si alzò, andando a vestirsi. La stessa cosa fece pure lo spagnolo, che fu il primo ad uscire dalla camera. Angél Matej aveva preparato i piatti e le posate, al cibo non ci arrivava ancora, ma aveva fatto comunque un ottimo lavoro. Quel bambino a volte veniva viziato da entrambi, ma cercavano di ridurre al minimo ciò e di crescerlo invece con i giusti ideali: sedersi composti a tavola, non alzarsi prima che tutti abbiano finito, lavarsi le mani prima di mangiare, lavare i dentini dopo ogni pasto e tante altre piccole cose, che però lo avrebbero reso una persona migliore.

    La colazione fu veloce, poche chiacchiere scambiate occasionalmente, mentre il piccolo continuava a muovere le gambe sotto il tavolo in un moto di impazienza, ma era stato cresciuto bene e sapeva aspettare il momento giusto.

    Mettere a posto le cose usate e andare a vestirsi pesante per poter giocare nella neve fu poi l'unico obbiettivo del bambino, che alla fine si presentò alla porta, pronto.



    "Angél Matej aspetta... stai dimenticando una cosa." Carlos e Luka raggiunsero il figlio, lo spagnolo aveva in mano una sciarpa di lana azzurra, con il simbolo dei Cloud0, la squadra in cui giocava il croato da 2 anni a quella parte. "Rischi di prenderti mal di gola senza questa, per il resto sei vestito alla perfezione." Sia lui che il fidanzato erano orgogliosi: avevano cresciuto un bambino responsabile fino a quel momento e qualche dimenticanza si poteva pure capire in un bambino di quattro anni.

    "Grazie papà." Sul viso di Angél Matej si formò un sorriso tenero, capace di sciogliere il cuore di qualunque persona. Si lasciò mettere la sciarpa senza ribellarsi e attese che venisse aperta la porta, prima di uscire e ammirare con occhietti luccicanti il paesaggio. "È fantastico!"

    Fandom: RPF LOL
    Personaggi: Perkz, Ocelote, Angél Matej
    Warning: AU, Omega!Verse
    Generi: Slice of Life, Fluff
    WC: 500



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    Incidente



    La fine di aprile si stava avvicinando, le giornate diventavano sempre più belle, gli alberi di ciliegio erano in fiore e per Atsumu c'era l'amore nell'aria. Ancora gli sembrava impossibile che fosse riuscito ad innamorarsi, eppure con Hinata si sentiva sempre così bene. L'unica pecca era la lontananza: le loro prefetture non erano di certe dietro l'angolo, serviva qualche ora di treno per raggiungere l'altro. Per Atsumu non era un grande problema: si sentivano anche su skype o per messaggio, però stare assieme, passare il tempo solo loro due era più bello.



    Quel pomeriggio Atsumu era diretto a scuola per gli allenamenti: c'erano vacanze, ma lui doveva allenarsi con la sua squadra di pallavolo. Osamu non era con lui, sarebbe andato a scuola assieme a Suna, da cui aveva già passato l'intera giornata fino a quel momento.



    Aveva il borsone appoggiato sulla spalla destra e camminava con cautela per le strade. Gli mancava ancora forse un isolato prima di raggiungere finalmente l'edificio scolastico, dove sicuramente gli altri già lo aspettavano.



    Atsumu difatti era in lieve ritardo, che avrebbe - ovviamente - dovuto spiegare al coach e al capitano, per poi dover sicuramente fare minimo cento giri di corsa.



    Sospirò al solo pensiero: non gli andava di fare tutti quei giri, ma Kita-san sapeva essere davvero molto severo, ti giudicava in silenzio per poi spiazzarti con parole ben mirate e calibrate che ti facevano pentire di ciò che avevi fatto.



    In quel giorno di primavera, Atsumu camminava tranquillo, si sentivano gli uccellini cantare, il profumo dei fiori appena sbocciati inebriava le sue narici. Quella tranquillità venne però spezzata nel giro di pochi secondi: al suo udito arrivò il rumore di un motore di una macchina decisamente su di giri e apparentemente senza controllo. Il tempo sembrava andare al rallentatore mentre si girava, solo per notare una macchina che puntava contro di lui e il conducente non faceva nulla per rallentare. Sgranò gli occhi e cercò di spostarsi il più velocemente possibile, il terrore nelle sue iridi, mentre quella macchina lo puntava inesorabilmente e il conducente sembrava aver preso un colpo di sonno, o essere troppo ubriaco per rendersi conto di ciò che stava per fare.



    Non aveva importanza quanto avesse cercato di spostarsi di lato: la macchina lo prese comunque in pieno, scaraventandolo a qualche metro di distanza. La macchina terminò la sua corsa contro il muretto dietro di lui, ma Atsumu poteva ritenersi fortunato di non essere rimasto schiacciato tra essa e il muretto, o chissà se ne sarebbe uscito vivo.



    Il rumore dello schianto del veicolo giunse ovattato alle sue orecchie, mentre Atsumu giaceva a terra, incapace di muoversi. Sentiva male dappertutto, il braccio destro, per il dolore che provava, doveva essere rotto, la testa gli pulsava come mai era successo prima di allora. Cercò di muovere le dita, ma non sembravano reagire, la visione iniziava ad offuscarsi e solo allora il panico si impossessò di lui. Non voleva dire addio al mondo in quel modo: non aveva salutato i genitori, Hinata, suo fratello... Sentiva voci terrorizzate che urlavano, ma non riusciva a capire cosa dicessero, era tutto dannatamente ovattato e la sua vista era completamente offuscata e il petto gli faceva male.



    Nella mano destra teneva ancora il cellulare che, miracolosamente era ancora intatto. Sentì in lontananza le sirene di quella che credeva essere un'ambulanza, mentre qualcuno si era inginocchiato vicino a lui. Ogni respiro faceva male, ma riuscì comunque a sussurrare un flebile. "Sunshine" Prima di abbandonarsi al nero che ormai si era completamente impossessato della sua vista. Aveva sussurrato quel nome perchè era stata la prima persona a cui aveva pensato, nel malaugurato caso dovesse morire.



    "Sunshine...? Ragazzino...!" Chiese un uomo, ma Atsumu aveva perso definitivamente i sensi e non fu in grado di rispondere.



    "Prova a vedere se corrisponde ad uno dei contatti sul cellulare del ragazzo. Magari voleva chiedere di avvertire quella persona."



    Rispose una voce femminile e l'uomo annuì, prendendo con estrema delicatezza il cellulare dalla sua mano, senza muoverla troppo. Non gli ci volle molto a trovarlo, per fortuna Atsumu non aveva un codice per sbloccarlo e l'uomo trovò subito quel... nickname probabilmente. Fece partire la chiamata mentre sua moglie spiegava ai sanitari cosa fosse successo e loro prestavano le prime cure ad Atsumu.



    "Mh, buon pomeriggio, parlo con... Sunshine?" L'uomo non era molto sicuro, però se era un nickname tant'era.



    "Atsu... Sì, sono io Sunshine, ma lei chi è?" Non era cosa da tutti i giorni che non fosse Atsumu a chiamarlo. Se Hinata prestava attenzione, quella era la voce di un uomo, non del suo fidanzato.



    "Ecco... il proprietario di questo telefono è stato investito da un auto fuori controllo poco fa e il ragazzo ha chiesto di chiamarla. I sanitari se ne stanno prendendo cura e molto presto verrà portato all'ospedale principale qui. Io sono semplicemente un passante che ha assistito alla scena." L'uomo non aveva nemmeno idea di quale rapporto avessero quei due, forse erano fratelli? Non gli importava, almeno era stato in grado di contattare quella persona per fortuna.



    "Aspetti... Cosa...?" A Hinata mancavano le parole: il suo cuore aveva perso alcuni battuti nel sentire quelle parole: spesso sentiva di incidenti stradali, ma non avrebbe mai immaginato che potesse succedere al suo volpino. "D-dove lo portano in ospedale? Non sono della vostra prefettura, però volevo fargli una sorpresa e quindi sono quasi lì."





    Shoyo era davvero agitato in quel momento: non riusciva a stare fermo, non vedeva l'ora che il treno si fermasse alla fermata a cui doveva scendere, così da poter raggiungere il prima possibile il fidanzato. Negli occhi iniziavano a formarsi delle lacrime: se lo stavano portando in ospedale era una faccenda seria e... se fosse morto?



    Scosse vigorosamente la testa, cercando di scacciare da essa quei brutti pensieri: doveva essere positivo, forte per Atsumu, non fasciarsi la testa prima di rompersela. Appena il treno si fermò nella sua stazione, Shoyo scese da esso, fiondandosi a cercare un taxi con cui raggiungere l'ospedale che l'uomo gli aveva detto. Non conosceva molto quella zona, quindi non voleva avventurarsi lì con il rischio di perdersi, l'unica cosa che voleva era raggiungere il fidanzato il prima possibile.





    Mentre i sanitari mettevano Atsumu sulla barella spinale e gli davano ossigeno, lui non era cosciente, non aveva nemmeno idea che lo avrebbero portato a fare vari esami e poi d'urgenza in sala operatoria per il trauma cranico che aveva subito in quell'incidente.



    Certo, aveva anche qualche costola rotta e un braccio rotto, ma il trauma cranico era la prima cosa di cui si sarebbero occupati, in quanto avrebbe potuto portarlo pure alla morte.



    Ci volle un'ora prima che potessero dichiarare l'intervento concluso, ma almeno il ragazzo era salvo. Gli infermieri lo portarono in una stanza e lo attaccarono a varie macchine, lasciandogli una mascherina dell'ossigeno che potesse aiutarlo a respirare.



    Shoyo intanto era arrivato all'ospedale e - in ansia - aspettava il suo turno.





    "Posso... sapere dove si trova Atsumu Miya?" Era trafelato, distrutto, aveva fatto un viaggio di tre ore per poi scoprire che il fidanzato era stato investito e tutto ciò che voleva era poterlo vedere.



    "L'hanno appena portato nel reparto di terapia intensiva, secondo piano...!" La segretaria non riuscì nemmeno a finire la frase, che il ragazzo della Karasuno era già schizzato via.



    "Atsumu Miya... per favore...!" Quando si rivolse alla segretaria della terapia intensiva aveva il fiatone, avendo corso su per le scale, ricevendo molti sguardi sconcertati da parte di pazienti o parenti in visita.



    "Lo hanno appena portato in una camera, ti consiglio di aspettare in sala d'attesa il medico che prima ti darà informazioni e poi ti porterà da lui."



    "Grazie...!" L'attesa per Hinata era insopportabile, ma il fatto che fosse stato portato in una camera già significava che non era morto, ma l'agitazione non smetteva di impossessarsi di lui.



    "Salve, sono uno dei dottori che ha operato Atsumu Miya. È arrivato qui in condizioni gravi in seguito all'essere stato investito. Ha riportato un trauma cranico, qualche costola rotta e un braccio anche rotto. L'operazione in ogni caso è andata bene. Non si é ancora ripreso, ma lo può vedere, se vuole."

    Il dottore aveva cercato di essere il più chiaro possibile e di non usare paroloni che quel ragazzo non avrebbe capito. Avendo risposta positiva gli fece strada verso il reparto di terapia intensiva, dove lo avevano portato.



    "Sarà attaccato ad un respiratore ed avrà molti fili attaccati al corpo. Non c'è però da preoccuparsi: sono solo prevenzioni e grazie ad esse potremo intervenire tempestivamente per qualsiasi problema." Tornò in silenzio finchè non arrivarono alla stanza del ragazzo. Il dottore abbassò lo sguardo su Hinata, posando una mano sulla maniglia.



    "Potrebbe avere un po' di amnesia, ma non saprei dire di che tipo."



    Era presto per dirlo, lo avrebbero scoperto appena il biondo si sarebbe risvegliato. Aprì la porta e fece entrare Shoyo, lasciandolo infine da solo con Atsumu ancora incosciente disteso sul letto e attaccato a vari macchinari. Sedersi sulla sedia vicino al letto e osservarlo in quelle condizioni faceva davvero male: voleva solo il meglio per il fidanzato, voleva assolutamente che si riprendesse, non lo poteva lasciare così.

    L'attesa era snervante, ma Hinata non lasciava mai il suo fianco. Gli accarezzava delicatamente la mano sana, sperando in un qualsiasi movimento, anche minimo, ma ciò non succedeva.



    "Atsumu-san... Ti prego, risvegliati. Sono e... Sarò sempre vicino a te. Torna da me e dalla tua famiglia. Tutti noi abbiamo bisogno di te. Quindi... Non ci abbandonare."



    Stanco come era, sia per il viaggio, sia per la notizia devastante, Shoyo finì col chiudere gli occhi, una mano stretta nella sua, come a non volerlo lasciar più andare. Ci vollero delle ore prima che Atsumu iniziasse a riprendersi: riaprì a fatica gli occhi, ma almeno vi riuscì. La prima cosa che si ricordò fu il fatto che era in ritardo per gli allenamenti.



    "Dannazione... Non voglio fare tutti quei giri."



    Si sentiva costretto contro il materasso, una mano stretta nella propria, la testa gli faceva male e vedeva una maschera per l'ossigeno, che gli copriva naso e bocca. Ogni respiro era come se mille coltelli fossero stati conficcati nel suo petto. Non capiva perchè fosse disteso su un letto, ma ciò non gli impedì di cercare di mettersi seduto. Fu una scelta totalmente sbagliata perchè subito iniziò a girargli la testa e ricadde contro il materasso, mugolando per il dolore.



    Solo guardandosi attorno in quel momento notò tutti i macchinari a cui era attaccato e una figura, seduta su una sedia accanto al letto.



    "Sunshine...?"



    Non ci stava capendo nulla: non aveva ricordi dell'incidente, quindi non capiva cosa ci facesse in ospedale. Ma soprattutto... come poteva essere lì Hinata? Era davvero confuso, doveva ammetterlo.

    Shoyo, risvegliatosi nel sentire movimenti sul letto, si alzò e cercò di fermarlo, facendolo riappoggiava piano sul materasso. Ai suoi occhi si formarono delle lacrime di gioia: si era ripreso e ricordava il nickname che gli aveva dato...!



    "Hai... Hai avuto un incidente, ti hanno investito. Non puoi andare agli allenamenti, volpino. Io volevo venire qui per farti una sorpresa, ma mentre ero in treno mi ha chiamato qualcuno e detto che eri stato investito... Ho avuto così tanta paura di perderti...!" Il corvetto rischiava un crollo mentale, ma era felice di vederlo sveglio, la paura di perderlo era stata sempre alta fino a quel momento.



    "Sunshine... sto bene, sono vivo, no?"



    Cercò di sorridere: gli dispiaceva un sacco vedere Hinata in quelle condizioni. Sembrava davvero distrutto. Alzò la mano sana per poterlo accarezzare e cercare di calmarlo con il suo tocco.

    Incidente...? Non ricordava nulla. L'ultima cosa che gli veniva alla mente era il suo essere in ritardo per gli allenamenti, ma nulla di più. Sembrava che con il trauma cranico avesse dimenticato completamente l'incidente. Forse dopotutto era un bene. Ora capiva perchè avesse così male dappertutto, anche alla testa.



    "Scusami... ti ho rovinato la sorpresa... e la giornata."



    Parlava piano e a fatica, ma almeno riusciva a farlo, anche se non sapeva quanto si capisse. Aveva però paura. Se era attaccato a tutti quei macchinari come erano le sue condizioni?

    Nonostante il racconto del fidanzato, Atsumu non riusciva a ricordare nessun dettaglio. Forse meglio così, non ci teneva particolarmente a ricordare tutto ciò che era successo. L'amnesia in quel caso era una buona cosa, almeno non avrebbe ripensato a quei momenti in cui si era visto sicuramente la morte in faccia. Invece per fortuna era lì, disteso su quel letto, attaccato a vari macchinari, ma si era ripreso e per ora sembrava stare bene. Certo, gli faceva un po' male la testa e all'altezza del petto, però poteva davvero considerarsi fortunato ad essere vivo.



    "Stupido, non dire assolutamente così! Sei vivo, non ha alcuna importanza se mi hai rovinato la sorpresa!"

    Shoyo iniziò anche a singhiozzare e Atsumu, nel sentire i singhiozzi del fidanzato, voleva solamente consolarlo, ma non sapeva bene come fare: poteva solo continuare ad accarezzargli la guancia. Lo sapeva che il suo tocco lo calmava abbastanza e sperava che potesse funzionare anche in quel caso.



    "Non ho idea di come sia successo, di quante ore fa sia accaduto, la mia mente sembra aver rimosso tutto ciò che riguarda quei pochi attimi... Però sono ancora vivo, non so a chi lo devo, ma per fortuna sono ancora qua."



    Gli dispiaceva non ricordare di aver detto il suo nicknane, ma era felice di averlo fatto e che l'uomo che aveva sentito si era premurato di avvertirlo. Per fortuna non aveva un codice di sblocco al cellulare, quello lo ricordava benissimo. Iniziando a dargli un po fastidio il braccio ingessato, lo alzò con cautela, sperando di alleviare quella sensazione. Non si era mai rotto nulla fino ad allora, quindi appena i dottori sarebbero andati a controllare le sue condizioni, avrebbe dovuto chiedere cosa fare.



    "Dovrei avvertire qualcuno della tua famiglia, come posso contattarli?"



    Shoyo doveva farsi forza e chiamare la madre del ragazzo, non poteva lasciarla all'oscuro di tutto.

    Avvertire qualcuno... già. I suoi genitori prima di tutto. Sicuramente non sapevano nulla, altrimenti si sarebbero precipitati lì. Non voleva farli preoccupare, ma la vedeva come una cosa inevitabile, altrimenti avrebbero iniziato a preoccuparsi quando Osamu sarebbe tornato a casa da solo e lui non ci sarebbe stato.



    "Il mio cellulare..." Atsumu Si sentiva ancora stordito e stanco, le costole rotte gli impedivano di parlare come avrebbe voluto, dato il male. "Cerca mamma."



    Più di quello non riusciva a dire, ma il più piccolo sapeva cosa doveva fare. Cercò di rilassarsi mentre Shoyo prendeva il cellulare e usciva dalla stanza per informare sua madre.



    "Signora Miya...?" Chiese con tono un po' incerto, appena una voce femminile rispose all'altro capo del telefono.

    "Sì, sono io. Con chi parlo?" La donna era ancora totalmente ignara di ciò che era successo, quindi era tranquilla.

    "Sono un amico di Atsumu... É... É stato investito mentre andava agli allenamenti e ora é in ospedale. Sta bene però, si é ripreso!" Shoyo cercò di indorare un po' la pillola, con scarsi risultati evidentemente.

    "Cosa... O mamma mia, arrivo il più in fretta possibile! Gli preparo un borsone per la degenza e arrivo. Cos'ha riportato...?" Ecco che la donna si faceva prendere dal panico: come poteva essere successo a suo figlio?

    "Ha un braccio rotto e gli fa male la testa, per il resto il dottore non mi ha detto niente, dato che non sono un parente. Però... Hanno dovuto operarlo d'urgenza ed é attaccato a vari macchinari."



    Sospirò Shoyo appena chiuse la chiamata: non era così che voleva conoscere la donna, ma era inevitabile, no?


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    Fandom: Haikyuu
    Personaggi: Atsumu Miya, Shoyo Hinata
    Warning: Angst
    Generi: Slice of life
    Wordcount: 2600
    Prompt: Agitazione

  15. .

    Ora basta



    Restare svegli fino alle quattro del mattino non poteva essere mai una buona cosa se il giorno dopo era stata fissata una riunione di prima mattina. I pro player come lui erano assolutamente abituati a quei ritmi, ma un meeting alle nove di mattina era davvero una calugna, considerando anche il jet lag.



    - La prossima volta che Alfonso o Pete mettono un meeting a quest'ora... non so come reagirò. -



    Quello fu il pensiero di Tim mentre beveva quello che ormai doveva essere almeno il suo quinto caffè della mattinata. Nonostante ciò, i suoi occhi non volevano saperne di restare aperti e concentrarsi sulle parole che venivano dette non era facile.



    "Tim, quanti caffè hai bevuto?" Gli chiese Oskar - il loro jungler - notando le sue pessime condizioni.

    "... non ne sono sicuro, credo almeno cinque." Tim sapeva bene che berne troppi non faceva bene, ma era l'unica bevanda che riusciva a svegliarlo.

    "Direi che ne hai bevuti abbastanza. Sono già troppi."



    L'unica risposta che ricevette il polacco da parte del mid laner fu un cenno con il capo, accompagnato da un grugnito. Non dovevano preoccuparsi per lui, sarebbe sopravvissuto in un modo o nell'altro, volente o nolente.

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    Fandom: LOL RPF
    Personaggi: Nemesis, Selfmade
    Warning:
    Generi: Slice of life
    Wordcount: 200
    Prompt: Il caffè del mattino

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